IL CARRO DELLA CA' MORTA

IL CARRO DELLA CA’ MORTA

Testi e foto a cura di   MARINA  UBOLDI,  Conservatore della Sezione di Preistoria e Protostoria del Museo Archeologico di COMO.

 

IL  CARRO  DELLA  “CA’MORTA”

L’oggetto più famoso del Museo Archeologico di Como è  sicuramente il “Carro della Cà Morta”, che in città e provincia conoscevano qualche anno fa tutti, anche i non archeologi, perché la sua foto aveva avuto l’onore della copertina sulle Pagine Bianche.  Si tratta di un carro a quattro ruote restaurato e ricomposto a partire da numerosi frammenti metallici risalenti a circa 2.500 anni or sono (Prima Età del Ferro, Cultura Celtica detta “di Golasecca”) e rinvenuti in una sepoltura principesca. Il ritrovamento risale al 1928, in una località ai margini dell’odierna città di Como, nei dintorni di una cascina denominata Cà Morta proprio perché in quei campi non era difficile imbattersi in antichi pozzetti  funerari , contenenti urne con ceneri umane.  Cavatori di ghiaia si imbatterono in una tomba coperta da una grande lastra di pietra da cui estrassero un vaso e un bacile in bronzo, alcuni monili e molti elementi in bronzo e ferro che furono poi riconosciuti come pertinenti a un carro. Purtroppo il recupero avvenne in modo impreciso e non ci si rese conto dell’importanza del ritrovamento, a tal punto che gli scavatori scelsero solo gli oggetti che sembravano più preziosi, e ne dispersero molti altri.  Grazie all’intervento del personale del Museo Civico i frammenti furono però raccolti e in breve tempo si giunse a una ricostruzione del Carro, proprio quella che ancora oggi è visibile in Museo, realizzata ricreando le parti in legno che non si erano conservate e applicando su di esse gli elementi metallici originali.

ALLESTIMENTO  ATTUALE  ALL'INTERNO  DEL  MUSEO

ALLESTIMENTO ATTUALE ALL’INTERNO DEL MUSEO

PARTICOLARE DEL  MOZZO

PARTICOLARE DEL MOZZO

Quattro le ruote, del diametro di cm.96, con un resistente cerchio in ferro fissato a caldo apparentemente senza l’uso di chiodi a rinforzo della ruota in legno, che si pensò dovesse avere un largo spessore, calcolato sulla base della lunghezza degli elementi tubolari in bronzo di rivestimento dei raggi (oggi per confronto con altri più recenti ritrovamenti si ipotizza però una ricostruzione diversa).  Una lamina bronzea, sbalzata e sagomata, rivestiva anche il mozzo, il cappello che copriva l’estremità dell’asse era fissato da un chiodo (acciarino) con testa a mezzaluna e, come altre parti soggette a più forti sollecitazioni, era in bronzo fuso.  Lamine decorate con cordoni a rilievo e cerchielli sbalzati rivestivano quasi tutte le parti lignee, gli assi, i margini della cassa, un grosso elemento ricurvo di incerta interpretazione (elemento di collegamento tra il piano del carro e l’asse posteriore?), parti del timone, ecc. La cassa era sostenuta e circondata da file di colonnine a globetti sovrapposti, in bronzo fuso di misure diverse.  Nonostante alcune difficoltà interpretative, era parso subito chiaro che il carro doveva essere dotato di un dispositivo di sterzo mobile, di cui non sono rimaste tracce, inoltre non si è potuto chiarire il sistema di traino. Una serie di fasce in bronzo decorate hanno portato l’Architetto Luigi Perrone autore del restauro a ricostruire una specie di giogo arquato, da applicare all’animale da tiro, molti però sono i dubbi suscitati da questo elemento, per dimensioni e forma.  Grazie allo studio delle sue parti e al confronto con altri oggetti simili, nel Carro della Cà Morta riconosciamo un carro da parata, trainato quasi sicuramente da cavalli, che fu utilizzato nel corso della cerimonia funebre di un ricco individuo quasi sicuramente di sesso femminile, stando alla tipologia degli ornamenti presenti nella sepoltura e all’assenza di armi. La datazione della tomba si colloca nel  V° Secolo avanti Cristo, tra il 500 e il 450 a.C.

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Dopo la ricostruzione di L. Perrone e uno studio di E. Ghislanzoni , pregevole per l’epoca in cui è stato pubblicato (1930), non è più stata effettuata un’analisi globale sul carro della Cà Morta, che richiede un’analisi dettagliata di tutti gli elementi compositivi, per poter proporre una nuova e più corretta ricostruzione ideale del veicolo. Un nuovo studio ha quindi preso l’avvio con la collaborazione di una èquipe Francese, diretta dal Prof. Bruno Chaume, chargè de recherche au CNRS di Digione e Direttore del programma internazionale “ Vix et son environnement “. A VIX, in Borgogna, è stata scoperta infatti una eccezionale tomba principesca femminile al cui interno era stato deposto un carro molto simile a quello di Como con un ricco corredo di oggetti e ornamenti.  I due carri hanno in comune elementi come le balaustre di protezione della cassa decorate con colonnine bronzee, i copri mozzo delle ruote, il timone mobile, che suggeriscono una probabile origine halstattiana anche per il carro di Como.  Nell’attesa dei risultati di questo lavoro, il reperto è esposto al Museo Archeologico di Como, all’interno di una ricchissima esposizione di reperti delle civiltà Celtiche e Romane, che meritano senz’altro una visita.

………………………………………………………   Marina Uboldi  

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