Al Museo “Sgurì” la “Vitellaia”, i falò propiziatori, le gabbiette dei grilli e …

L’antichissima tradizione di accendere dei falò durante la prima luna piena di marzo risale a circa 2.500 anni fa e serviva a rendere onore alla Dea Cerere, la dea latina della terra e della fertilità. Questi fuochi avevano, e speriamo abbiano a tutt’oggi, il potere di allontanare la malasorte e festeggiare l’arrivo di una propizia stagione di abbondanti raccolti. Abbiamo citato la parola “speriamo” perché con l’avvento della globalizzazione se il raccolto è magro o distrutto dalla tempesta si rimedia il tutto importandolo via nave dall’estero, risolvendo così la problematica anche senza il supporto spirituale della Dea …
4 e 5 marzo 2023
Ci sono voluti tre anni, tre lunghissimi anni di pazienza per vedere finalmente accendersi il falò bene augurante dei “Lòm a Mèrz” nella grande corte del Museo Etnografico “Sgurì” a Savarna di Ravenna. Il Direttore del Museo, Romano Segurini, da tempo preparava questo importante evento per proporre al suo pubblico di estimatori le sempre gradite e insolite novità. Novità che abbracciano la “cultura contadina Romagnola” del secolo scorso e le tradizioni ad essa legate le quali, anche se scomparse quasi del tutto, non meritano di essere segregate tra le nebbie del passato. Un fine settimana all’insegna del bel tempo ha ospitato il solito caleidoscopio di iniziative messe in essere dall’inesauribile e incredibile Segurini, perfettamente consapevole che ogni suo evento coglie nel segno!

Ad allietare con le loro musiche e i canti il “Coro Canterini Romagnoli” diretto dal Maestro Matteo Unich. Applausi anche per le caratteristiche poesie in dialetto Romagnolo di Luciano Ghinassi

Tra i visitatori del Museo non possono mancare i cultori della pittura Romagnola del ‘900 e Romano Segurini è sempre lieto di esporre diverse tele di importanti pittori per accontentarli.

Sempre disponibile tutto lo staff del “Comitato Cittadino di Savarna, Grattacoppa e Conventello” per rendere più gradevole la manifestazione che si è avvalsa di tre veri professionisti nella preparazione e cottura di crescente rustiche e pizze saporitissime, tutte cotte nell’antico forno a legna. Ad accompagnare il tutto nella giusta misura i vini dei “Poderi delle Rocche” con zuccherini e vin-brulé caldo.
Abbiamo più volte parlato di questo Museo Etnografico per via della grande passione del suo Direttore, Romano Segurini, nel voler salvare da fiamme, tarli e abbandono innumerevoli modelli di calessini a due ruote che per centinaia di anni, insieme ai fidati animali che li trainavano, hanno permesso il lento ma costante sviluppo del progresso nelle campagne non solo della Romagna ma anche del resto d’Italia. Calessi che nessun museo importante vuole ospitare perché giustamente sopra quei sedili non c’era un re, un imperatore o una testa coronata, c’era una normalissima persona che dall’alba al tramonto con il suo lavoro permetteva ai tre altolocati sopra citati di fare la bella vita. In tutti i casi anche questi antichi due ruote hanno racchiuse in sé alcune interessanti storie da raccontare e oggi ne racconteremo (brevemente) una, legata ad un modello denominato “Vitellona industriale”, e poi, con il passar del tempo, “Vitellaia”. Il legno è arrivato al Museo pochi mesi fa ed è entrato ufficialmente nello spazio espositivo rinnovato a fare compagnia agli altri 75 calessi.

L’antico Catalogo ritrovato che ha permesso di dare un nome a tanti modelli di due ruote
Per non entrare esageratamente in dettagli tecnici di difficile comprensione, ci limiteremo a dire che questo modello denominato di volta in volta Vitellona o Vitellaia era utilizzato, per meglio comprendere, come oggi un’auto con grande bagagliaio o un Pick-up; infatti con la sospensione del sedile dal piano di carico sottostante, diveniva possibile caricare anche un piccolo vitello (forse da qui “vitellaia”), oltre ad altre merci che i contadini o i fattori andavano a vendere od acquistare. Il pianale di carico sottostante il sedile dei passeggeri (due o tre) era costruito con listarelle di legno distanti tra loro, corda intrecciata e rete metallica in ferro; tutti questi materiali avevano una cosa in comune: lasciavano sgocciolare i prodotti acquistati che a quei tempi erano facilmente intrisi di grasso, acqua o sanguinolenti e allo stesso tempo potevano fare respirare animali vivi una volta caricati e legati, senza bisogno di ingombranti ceste o cassoni. Ai giorni nostri il problema non esiste perché tutti i prodotti elencati li possiamo acquistare già confezionati, lavorati, trattati e quasi quasi anche “masticati” all’interno dei supermercati, ma anticamente con il costo che aveva il legname e la mano d’opera del “carradore” trascorsi pochi anni a trasportare derrate alimentari il legno inevitabilmente marciva, o diventava sudicio, imbrattando i vestiti dei conducenti. Tutti questi problemi venivano risolti da una rete in corda o filo di ferro che lasciava passare le impurità e con un semplice lavaggio risolveva il problema.

La Vitellona elegante del fattore.
Nelle tre foto in alto vediamo tre modelli di “Vitellaia” più eleganti: uno da collezione privata, uno del Museo “Sgurì” e sulla destra lo stesso modello quasi identico tratto dal Catalogo dei “F.lli Gandolfi” dei primi anni del ‘900. Qui troviamo un piano di carico più modesto mentre il sedile del guidatore era estremamente comodo perché sospeso da due cinghioni in pelle attaccati alle balestre a “C”, e rivestito di morbida pelle. L’utilizzatore solitamente era un fattore, un mediatore o un medico veterinario, i quali avevano necessità di spostarsi velocemente per tanti chilometri al giorno, con lo stretto indispensabile e possibilmente stando comodi. Questo modello aveva tutte le caratteristiche per essere preferito da chi aveva un po’ di disponibilità economiche.

Nelle due foto in basso vediamo i due rotabili che venivano di volta in volta e a seconda delle località di costruzione denominate Vitellaie del fattore o Spallone o Spalloncine o Vitellone industriali da lavoro. Nella tavoletta dipinta (ex-voto) del XVI secolo vediamo lo stesso modello come fattura e troviamo le sponde laterali ad incastro, che si potevano togliere e mettere in relazione al carico che si doveva trasportare.

Potremmo definirlo tranquillamente il “pubblico delle grandi occasioni” che non manca mai negli appuntamenti firmati “Sgurì”

Sempre presente in tutte le manifestazioni di una certa importanza, Lidia Ricci Lucchi, Presidente dell’Organizzazione Culturale di Volontariato: “PERCORSI ODV” di Mezzano (RA)

I costumi caratteristici del Coro Canterini Romagnoli

Roberto Fabbri, che vediamo nelle tre foto in basso del collage, è stato prodigo di spiegazioni al numerosissimo pubblico che gli ha chiesto nel corso della giornata di tutto e di più!
Inutile negarlo, l’attrazione a livello internazionale dell’evento è stato rappresentato da una rarissima collezione di “gabbiette per grilli” con esemplari unici provenienti oltre che dall’Europa anche da Cina e Giappone, pezzi di grande pregio alcuni dei quali si fanno risalire ai primi anni dell’800. Il raccoglitore di queste testimonianze del passato inclusa la cultura che si portano appresso, risponde al nome di Roberto Fabbri e la nostra Redazione, visto l’argomento decisamente inusuale, gli ha voluto chiedere più informazioni sull’argomento.
Roberto Fabbri: “Per informazioni più nel dettaglio con racconti, tradizioni e curiosità, abbinate a centinaia di illustrazioni a colori, invito tutti a sfogliare le pagine del Catalogo di questa Mostra che sarà a disposizione del pubblico prossimamente in una nuova edizione aggiornata. Sono sempre e costantemente alla ricerca di nuovi e interessanti modelli di “gabbiette per grilli” provenienti da tutto il mondo e anche se non so il numero preciso dei miei pezzi, posso stimare in circa 2.000 gabbiette il totale, mentre qui al Museo Etnografico “Sgurì” ne vedete esposti solo 690 esemplari. Tra le tante curiosità su queste “gabbiette” e considerata la passione di tanti per carri, carretti e calessi, posso citare, frutto di antiche testimonianze, che in Portogallo e in Spagna esistevano gabbiette per grilli dotate di campanelle che venivano trasportate sui carri durante le processioni. Il motivo delle campanelle attaccate alle gabbiette pare fosse dovuto al frastuono che producevano carri, cavalli e persone nel corso della processione e per tal motivo i grilli si sarebbero spaventati smettendo di cantare. Avendo appeso alla gabbietta delle piccole campanelle pare che con il loro suono i grilli nelle gabbie si fossero tranquillizzati iniziando nuovamente a cantare. Tanto per restare in Italia ed esattamente a pochi chilometri da qui, a Fusignano di Ravenna, un po’ di anni fa, c’era un locale dove appesa sopra ad ogni tavolo c’era una gabbietta con all’interno un “grillo canterino”.“

L’abbiamo detto più volte e non ci stancheremo mai di ripeterlo: Romano Segurini una ne pensa e cento ne fa! All’interno di alcune gabbiette abbiamo visto e sentito degli autentici grilli canterini. Che dire? Uno spettacolo dentro lo spettacolo durato poche ore, poi sono stati rimessi in libertà. 150 anni fa chiusi dentro le loro gabbiette tenevano compagnia insieme al camino agli stanchi contadini dopo la dura giornata lavorativa, ai tempi odierni non servono più queste manifestazioni di libertà-canora con animali vivi, di giorno e di sera siamo prigionieri del canto-fake del web il quale, purtroppo, non si riesce a … chiudere in gabbia!

Tanti i visitatori arrivati a Savarna per questa esposizione di “Gabbiette” e tutti naturalmente attentissimi a non perdere neppure una parola delle spiegazioni di Roberto Fabbri, motivo? Al momento non si conosce un’altra persona capace di sostituirlo!
La tavola imbandita di Maria Rosa. Crediamo sia divenuto per molti un’appuntamento imperdibile qui al Museo Etnografico di Savarna: dopo aver ammirato con gli occhi, centinaia di oggetti vecchi e polverosi, una piccola sosta a gustare le delizie della cucina Romagnola preparate con arte e sapienza dalla consorte di Romano Segurini fa sempre piacere! Piacere apprezzato anche da un’altro famoso collezionista veneto arrivato oggi per l’evento; Ivo Baldisseri, il quale con famiglia al seguito, è rimasto attratto e affascinato dall’esposizione delle Gabbiette per grilli. Oggi la Signora Maria Rosa, nelle vesti di “Regina della Casa” ci ha fatto assaggiare una antica ricetta romagnola: Raviole caserecce con ripieno di marmellata di anguria, molto interessanti, della serie; o le mangi qui … o non le mangi!

Nelle foto vediamo i coniugi Baldisseri con Romano Seguini e in alto la caratteristica sala da pranzo in stile romagnolo con Maria Rosa che porge ai commensali le raviole farcite, passate dal cestino alla bocca dei presenti in tre minuti e 17 secondi !!

Nella giornata di Sabato con l’arrivo al Museo di svariate scolaresche si è svolto un Laboratorio didattico sulla costruzione di gabbiette per grilli curato da Luigi Berardi e Roberto Fabbri. Nella foto a des. in alto il momento musicale di “Pneumatica Emiliano Romagnola” mentre sempre in basso a des. una “visione-artistica” di queste gabbiette dove (in realtà) i grilli sono prigionieri ma Luigi Berardi offre loro una via di fuga dalla gabbietta tramite una piccola scala.

A sin. Ivo Baldisseri, incuriosito chiede informazioni a Luigi Berardi sulla costruzione delle gabbiette per grilli

Una delle tante pagine del Catalogo sulle Gabbie dei grilli che prossimamente sarà possibile acquistare presso il Museo Etnografico Sgurì

Ricordiamo ai visitatori del Museo Etnografico che è possibile accedere all’interno del Museo anche con animali al seguito. E’ gradita la prenotazione al 0544. 533 609
Ricordiamo a tutti gli interessati che da notizie dell’ultima ora in considerazione del gradimento registrato per le Gabbiette per grilli l’esposizione presso il Museo Etnografico “Sgurì” sarà visibile ancora per sei/sette settimane. Contemporaneamente sarà a breve disponibile anche il Catalogo illustrativo sulle gabbiette. Per tutte le informazioni al riguardo contattare il Direttore del Museo Etnografico Romano Segurini al: Tel. 0544. 533 609