Anche in questo caso siamo costretti a ripetere che dopo tre anni Romano Segurini, Direttore del Museo Etnografico “Sgurì” si rimette in gioco proponendo alla sua vasta clientela l’antica tradizione dei “Lòm a Mèrz”. Prima di presentare le novità di quest’anno facciamo un salto nel passato e raccontiamo sinteticamente di cosa si tratta e cosa sono questi “Lòm a Mèrz”.

 

 

Ogni territorio ha i suoi miti e le sue tradizioni e anche la Romagna non è da meno. Così come avviene per l’Epifania e i cosiddetti giorni della merla, esistono tante usanze e credenze legate a certi periodi dell’anno. E’ il caso dei Lom a Merz, i “Lumi di marzo” che vengono ancora oggi celebrati negli ultimi tre giorni di febbraio e nei primi tre di marzo, un rito antichissimo e pagano che combina folklore, agricoltura e un pizzico di magia.

 

 

 

Secondo gli esperti del folklore romagnolo, la tradizione sarebbe antichissima e deriverebbe direttamente dall’epoca romana. Infatti, circa 2500 anni fa, la prima luna piena del mese di marzo (dedicato al dio Marte) segnava l’inizio del nuovo anno, anno che a quei tempi era formato da soli dieci mesi. Quei giorni tra la fine e l’inizio dell’anno erano quindi ritenuti un periodo cruciale. Non a caso, ancora oggi, esistono vari riti e scongiuri legati all’anno nuovo. Il fatto che ancora oggi si festeggi tra febbraio e marzo ci indica quanto pagana sia l’usanza dei Lom a Merz. I lumi, infatti, non sono altro che falò (la fugarena) accesi in onore della dea Cerere, la dea latina della terra e della fertilità. Cerere veniva così omaggiata dalla popolazione in cambio di una annata prolifica per le coltivazioni. Nonostante i tantissimi anni trascorsi dalla fine dell’impero romano, la tradizione dei Lom a Merz ha mantenuto nel tempo il suo valore propiziatorio. Tanto è che nel passato recente i contadini romagnoli continuavano ancora a radunarsi nelle aie, attorno al fuoco, per cantare, danzare, bere del buon vino e divertirsi. Per fare il falò si utilizzavano di solito sterpi e tralci della potatura che venivano poi bruciati nei campi per allontanare la malasorte e sperare in una stagione propizia. I Lom a Merz contribuivano quindi a dare il benvenuto al nuovo anno dell’agricoltura scacciando il freddo dell’inverno. Da qui il nome dei Lom a Merz che servivano a illuminare il mese di marzo, anticamera della primavera.

 

Romano Segurini davanti ad una “Gabbietta per grilli” e con la mano preme uno dei tanti “Oggetti misteriosi” racchiusi nel suo incredibile Museo Etnografico

 

Abbiamo trattato più volte il discorso degli “Oggetti Misteriosi” che racchiudono tanto fascino e altrettanta curiosità. Sopra il lungo bancone in legno possiamo trovare un oggetto in latta molto simile ad una molletta da parrucchiera; invece 200 anni fa veniva comunemente fissato nella parte superiore della vacca da latte affinché, mentre si mungeva, la coda non picchiasse in continuazione sulla faccia del mungitore. Questo è solo uno dei tanti oggetti misteriosi che un po’ a tutti fanno scappare da ridere, ma anticamente c’era poco o nulla da ridere perché questa operazione indispensabile andava fatta giornalmente tutti i giorni dell’anno. Un po’ come oggi quando tutti i giorni e a tutte le ore si stringe il cellulare o il telecomando TV, anticamente si stingeva la mammella della vacca e subito dopo il forcone con il fieno per dare da mangiare all’animale.

 

Una Mostra che potremmo definire “eterna” perchè negli ultimi anni è la più visitata dal pubblico: stiamo parlando degli “Oggetti Misteriosi”. Misteriosi oggi, ma 150 anni fa erano comunemente utilizzati

 

Una panoramica dell’allestimento completato in questi giorni. Sulla destra in basso l’esposizione di antichi cesti romagnoli, mentre in alto un’altra immensa e unica collezione di “Caveje” , “Cavallette” e Coperte da buoi.

 

Non passa mese che non arrivino immancabilmente calessi e biroccini ad arricchire la già immensa collezione di rotabili a due ruote del Museo Etnografico “Sgurì”. Tutti (o quasi) rigorosamente  Romagnoli!

 

Sempre di grande interesse la mostra del “Norcino” con tutte le attrezzature per trasformare (come per magìa) un animaletto lento e goffo in tanti simpatici e allegri … salami e prosciutti!

 

L’ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE DI  “Gabbiette per grilli”

Non abbiamo parole: la vulcanica e inesauribile mente di Romano Segurini ha partorito il solito “scoop” dal sapore antico di cui si erano perse le tracce tantissimi, anzi tanti anni fa. Non bisogna andare troppo lontano nel tempo per avere qualche notizia riguardo all’utilizzo di queste gabbiette per grilli. Siamo andati a sfogliare un piccolo opuscolo datato 1980 e abbiamo estrapolato sei righe di testo per soddisfare tante curiosità.

L’animazione paesana – Suoni e rumori di un tempo a Fusignano” Direttore Resp. Arc. Mario Vantangoli.  (Il periodo storico è circa la metà ‘800)

Nelle sere estive l’animazione conosceva toni suggestivi: la puntinatura luminosa delle lucciole che i bambini chiamavano con una cantilena lozzla, lozzla vèn da me”, il gracidare delle rane nei fossi, nel canale, nel fiume: la scarsità dell’acqua nella stagione estiva consentiva la pesca delle rane che i nostri vecchi a piedi scalzi, muniti di un lume a carburo, attiravano abbagliandole e catturavano in gran copia.

I grilli canterini che deliziavano le notti con i loro concerti a grande orchestra erano ricercati e catturati dai ragazzi che li imprigionavano in piccole gabbie, alimentandoli con foglie e steli di erba.

A questo punto è indispensabile fare i complimenti ad un personaggio che io personalmente annovero alla voce: “Benefattori dell’Umanità” cioè il collezionista e proprietario di queste 300 gabbiette per grilli: il Sig. Roberto Fabbri. Lui, insieme a tanti collezionisti come lui, sono quelle persone che per 1.000 incredibili motivazioni cercano di salvare disperatamente le nostre radici, portarci a conoscenza di usi e costumi appartenuti ai nostri nonni o bisnonni. Un messaggio visivo quello di Roberto Fabbri che non vuole insegnare nulla, solo proporre alla vostra attenzione qualcosa di sconosciuto oggi, ma normale 100 anni fa.

Qualcuno ci ride sopra?  E’ normale, ma ad una valutazione più attenta e meditata si potrebbe anche pensare che i “grilli canterini deliziavano” le notti dei nostri bisnonni mentre oggi le “onde elettromagnetiche” di TV e cellulari hanno già sepolto tre metri sotto terra una o due persone! C’è poco da ridere!

Roberto Fabbri in collaborazione con Romano Segurini da qualche settimana è al lavoro per stampare un prezioso catalogo di questa mostra dove, oltre alle tantissime immagini a colori delle gabbiette, troverete interessanti cenni storici e curiosità. Vale veramente la pena di visitare questo Museo Etnografico dalle 1.000 sorprese. Unica cosa che non sorprende più nessuno ed è rimasta invariata come 150 anni fa: la polenta al ragù e salsiccia con schiacciatina cotta nell’antico forno a legna. E se vi fermate fino a sera … vin brulé e zuccherini!

Qualcuno potrebbe pensare; “Ma cosa hanno a che fare tutte queste cibarie con la Cultura e l’Arte? ” Effettivamente non c’entrano nulla, però … aiutano moltissimo!

“Gabbiette per grilli” molto particolari da Portogallo e Italia. A sinistra una gabbietta che potremmo definire “condominiale” infatti erano posizionate otto cellette le quali contenevano un solo grillo ciascuna e in tanti casi appesa fuori una targhetta con il nome del grillo.

Qui troviamo “Gabbiette per grilli” provenienti da Cina e Francia

 

Nella foto una serie di “gabbiette per grilli” dal lontano Giappone

 

 

Sempre in prima fila a supportare tutti gli eventi culturali di una certa importanza il Presidente dell’Organizzazione Culturale di Volontariato “PERCORSI odv”: Lidia Ricci Lucchi