I Pratoni del Vivaro: un sogno divenuto realtà

 

Si è conclusa domenica 23 ottobre 2022 ai Pratoni del Vivaro/RM la Finale della “Coppa Italia Dilettanti Attacchi”, sotto l’egida della FISE in collaborazione con le Discipline Sportive Associate e/o gli Enti di Promozione Sportiva convenzionati, seguendo la formula dei Concorsi di Sviluppo (in pratica percorsi cosiddetti “derby”).

Per questo importante evento a livello nazionale tutti i partecipanti, oltre una trentina tra singoli e pariglie, hanno avuto a disposizione i prestigiosi campi del Centro Equestre “Ranieri di Campello”, utilizzati solo un mese fa per i Campionati del Mondo di tiri a quattro.

Per avere notizie di questa manifestazione inspiegabilmente passata molto in sordina, abbiamo intervistato uno dei concorrenti più impegnati nel circuito, Salvatore Carcò, membro del Consiglio Direttivo del GIA (Gruppo Italiano Attacchi) e presidente dell’ASA (Associazione Dilettantistica Siciliana Attacchi) che ha acconsentito a rilasciare due parole sull’evento, sulla promozione pubblicitaria della gara, sull’adesione dei driver provenienti da quali regioni e se c’era il pubblico delle grandi occasioni come si conviene ad una Finale.

 

Salvatore Carcò, il nostro interlocutore, con la figlia

  • Salvatore, cosa ci racconta sulla preparazione e sullo svolgimento di questo evento?

Prima di parlare di questa gara, bisogna fare un passo indietro sino all’inizio di quest’anno, quando non si sapeva ancora se le limitazioni anti-covid avrebbero consentito il regolare svolgimento delle tappe legate alla “Coppa Italia”. La determinazione di quanti abbiamo creduto nella formula amatoriale degli attacchi e la tenacia di Pasquale Pisani, indiscusso patron dell’evento, hanno fatto in modo che le numerose tappe di avvicinamento si siano disputane nelle varie regioni, sino a portarci ai Pratoni del Vivaro, il tempio dell’equitazione nazionale. È stata una finale con un clima meraviglioso che però non ha richiamato la presenza del pubblico, ma a questo ci siamo abituati; molto gradita sarebbe stata invece la presenza dei vertici FISE: probabilmente chi arriva da molto lontano si aspetta un’accoglienza più partecipata. A livello organizzativo abbiamo sofferto un po’ per la gestione degli spazi, troppo grandi per essere affidati alla sola buona volontà del direttore di campo; forse la presenza di qualche giudice agli ostacoli in più sarebbe stata molto apprezzata. Comunque sia, tutto è andato per il meglio, non si sono registrati incidenti di nessun tipo, segno evidente della capacità dei driver.

  • Da voci insistenti che ci giungono da più parti, pare che la FISE (deputata a questo Compartimento sportivo) utilizzi “due pesi e due misure” tenendo poco in considerazione i numeri dei partecipanti a questa categoria di appassionati, che “non nascono imparati” ma hanno bisogno di crescere. Risulta anche a Lei?

In generale, credo che si possa oggettivamente affermare che la Federazione non investe molto su tutto il settore attacchi, probabilmente perché il numero dei praticanti è da sempre molto limitato; d’altro canto (salvo rari casi) i driver italiani sono dei “fai da te” a tutte le latitudini e forse è meglio così. Credo però che, se non a livello economico, almeno a livello organizzativo FISE dovrebbe esercitare la sua funzione istituzionale, cercando di seguire l’evoluzione degli attacchi nelle sue varie sfaccettature, solo ed unicamente nell’interesse dello sport. È bene ricordare che dopo il 2007 gli attacchi sportivi avevano subito un forte processo involutivo; soltanto da qualche anno con l’affermazione della formula di sviluppo (detta anche “amatoriale”) si sta vivendo un nuovo momento di interesse da parte di numerosi driver, nati e maturati all’interno di EPS che hanno saputo cogliere e interpretare le nuove esigenze del settore. A mio avviso questo è il momento per fare delle serie scelte di campo: FISE deve decidere se l’ambiente amatoriale può trovare il suo spazio, ma soprattutto il suo ruolo, nel panorama istituzionale riservato agli sport equestri. Secondo me è possibile!

 

L’Avv. Pasquale Pisani, referente FISE per il settore Attacchi Amatoriali qui ai Pratoni 1°Classificato

  •  Si parla e si pubblicizza molto la parola “italiani” che, come il sale, viene infilata un po’ dappertutto, anche se a conti fatti e davanti all’evidenza ci sono solo una mezza dozzina di regioni su un totale di 20 attive sui campi di gara, con qualche decina di driver di buon livello che vi si dedicano. Lei, Salvatore, che ha sottomano la situazione degli attacchi del Centro-Sud Italia ritiene ancora plausibile la formula “Campionati Italiani” o sarebbe più opportuno “Interregionali di Attacchi”?

Concordo con questa analisi: non parlerei di eventi nazionali quando si registra sui campi di gara la presenza di una sola macroregione. Ma questo è un problema annoso e controverso che fatalmente ci ripropone il dilemma circa la scelta delle location: le manifestazioni si fanno al nord perché gli equipaggi sono lì, noi del Sud non andiamo perché la trasferta sarebbe troppo lunga e costosa. Coppa Italia invece, con i suoi concorrenti Piemontesi e Siciliani (solo per citare gli estremi geografici) ha dimostrato che Roma è geograficamente abbastanza baricentrica per richiamare gli appassionati da ogni parte d’Italia (ma non ci voleva tanto…).

  •  Qualcuno ha fatto presente alla Federazione che oggi sul territorio italiano circolano poche centinaia di attacchi comprendendo, con numeri a scendere, sia quelli dediti al turismo equestre che quelli praticanti la tradizione e infine i dilettanti dell’amatoriale, tenendo presente che gli attacchi sportivi di serie A, in costante calo, si attestano intorno alle 50 unità o poco più. A questo punto forse bisognerebbe fare qualcosa, dunque quali progetti ci sono nel cassetto da parte delle Associazioni dilettantistiche di Attacchi?

Da oltre 20 mi occupo di attacchi sportivi e di tradizione e ben ricordo come nel passato il Nord-Italia aveva parecchi numeri di driver in casa FISE; nel Centro-Sud invece, nonostante l’alto numero di praticanti, le regioni erano perennemente da sviluppare. Adesso la situazione è profondamente cambiata, siamo scesi un po’ tutti sottotono, i risultati internazionali lo confermano, e avremmo necessità di un coordinamento organico per riportare il settore ad un livello accettabile non solo nei numeri, ma anche nel livello tecnico del quale non ci si deve accontentare mai. Ovviamente questo non si può fare solo con i proclami; io credo che soprattutto noi “uomini di redini” dovremmo avere il coraggio di abbandonare i falsi campanilismi, imparando a vivere il nostro sport con più umiltà e partecipazione; credo inoltre che non saranno le bandiere e/o le tessere a risollevare il mondo degli attacchi sportivi e non possiamo certo sperare nelle ricette di personaggi che inquadrano l’argomento solo in termini di tesserati. Io credo che la base deve spingere per il cambiamento.

 

Tutti insieme, appassionatamente

Ringraziamo Salvatore Carcò per averci illustrato il suo pensiero e facciamo a nostra volta qualche considerazione.

E’ chiaro che se parliamo di numeri, lo sport amatoriale non è certo secondo all’agonismo, ma se il primo deve costituire il bacino da cui attingere gli atleti che mirano a più alte prospettive, l’equazione non regge: è dal tanto che si ricava il poco, quindi i numeri dovrebbero essere almeno invertiti. A fronte di 63 partenti in occasione del Campionato Italiano di Completo di Verolanuova, ai Pratoni del Vivaro il contingente concorrenti della Coppa Italia si è fermato a quota 32, dei quali non più di 3 partecipano sporadicamente alle canoniche gare FISE di Combinata o Completo. Si tratta dunque di un settore a sé stante e i due mondi non si incontrano. Quindi andrebbe sfatato il termine di “sviluppo”: i dilettanti fanno quello, da sempre, senza nessuna progressione verso percorsi più difficili, paghi di cimentarsi in quello che onestamente sono in grado di affrontare e soddisfatti al termine di una giornata passata tra amici senza stress, senza aspettative, in quello che è semplicemente un gioco. D’altra parte è giusto che sia così, perché mettere questi appassionati di fronte a sfide più impegnative significherebbe rischiare incidenti che non giovano al nostro sport in generale. Dato tuttavia che a livello nazionale esiste una gara chiamata “derby”, perché non appoggiarsi a quella regolamentazione, semplificando semplicemente i parametri?

Qualcuno potrebbe criticare il fatto che per un concorso del quale nessuno relaziona, FISE in primis, siano stati messi a disposizione niente meno che gli ostacoli fissi costruiti dalla Federazione per un mondiale e costati svariate decine di migliaia di Euro, mentre per il Campionato Italiano tutto è lasciato nelle mani del Centro Ospitante, con un contributo da parte della Federazione che, anche con l’aggiunta delle quote per iscrizione e box, è ben lungi dal risarcire il Comitato Organizzatore dei forti esborsi messi in campo. Inutile illudersi: se anche i Campionati Italiani fossero organizzati nella prestigiosa sede dei Pratoni, i costi sarebbero insostenibili, dati dal fatto che, oltre agli ostacoli, in quella location non c’è più niente, a cominciare dai servizi, allo staff capace di garantire uno svolgimento di un campionato degno di questo nome. Dopo i Mondiali tutto quanto era stato noleggiato è stato restituito ai proprietari e ai Pratoni rimangono solo un paio di persone per seguire un progetto ben definito in ambito equestre. Per una gara amatoriale “tra amici” va tutto bene, nessuno si aspetta niente, ma per lo sport di punta il discorso è un po’ diverso. Il futuro dei Pratoni? Un sogno a nostro parere irrealizzabile – ma questo lo si sapeva già da prima.

L’Avv. Pisani in duplice veste: organizzatore e concorrente

Molto apprezzabile l’impegno profuso nell’organizzazione di questa Coppa dal responsabile a livello federale, Avv. Pasquale Pisani, che ha portato in porto la finale con onore, riproponendosi addirittura come concorrente e vincendo alla grande la categoria Singoli davanti a Stefania Raimondo e Andrea Montemurro e ad altri 14 driver. Per la cronaca il concorso prevedeva anche la categoria Pariglie Cavalli (9 concorrenti, vinta da Alfio Biasibetti davanti a Luca Silvino e Gerardo Rizziero), Pony Singoli (4 concorrenti, vinta da David Giorgi davanti a Ferruccio Sossai e Gabriele Ciano) e Pony Pariglie (2 concorrenti, vinta da Paolo Silvestrini davanti ad Alessandro Massari) in provenienza da varie regioni, fin dal lontano Piemonte: è proprio vero che la passione muove il mondo!

In quanto al percorso oculatamente preparato dal costruttore Carlo Girivetto, un breve passaggio nell’ostacolo dell’acqua e un altro in quello che rappresentava l’ostacolo n. 1 dei Mondiali, il tutto completato dagli ostacoli mobili (i famigerati coni), messi a distanze generose e con tracciati molto scorrevoli, in modo da non essere pericolosi, adatti quindi a questo tipo di concorso. Per il resto poche regole, percorso a tempo e tanto, tanto divertimento.

 

Un’ultima considerazione: accattivanti locandine diffuse sui social media prima della gara e poi … più nulla. Tutto lasciato nelle mani del Gruppo Italiano Attacchi che, con dedizione encomiabile, si farà carico di redigere un articolo con qualche foto sul Notiziario distribuito ai propri soci.