L’Asino Romagnolo scende in pista all’Ippodromo del “Savio” di Cesena
Per saperne di più: https://www.ippodromocesena.it/
Sabato 9 aprile 2022, l’ippodromo di Cesena ha superato il traguardo dei 100 anni.
In quella data del 1922 alcuni cesenati “amatori dell’ippica” che avevano istituito la “Sezione Ippica” successivamente diventata “Società Ippica Cesenate”, inaugurarono l’impianto del Savio allo scopo di offrire una struttura deputata ad accogliere, con tutti gli onori del caso, lo sport per il quale provavano una passione viscerale. Ripercorriamo con alcune immagini la storia di questo Ippodromo.
Una creazione artistica molto a tema dell’autore che si firma “Sciacallo” dedicata a “Tomaso Grassi e al suo Staff.”
Dopo un numero imprecisato di anni, sulla pista dell’Ippodromo del “Savio” di Cesena si ripresentano in grande stile e pure in pompa magna gli asini di razza romagnola. Promotore di questa bella e interessante iniziativa il Dott. Alberto Minardi, attivissimo ed instancabile sostenitore e promotore della razza. Nelle foto sottostanti vediamo i veterinari di Ippodromo e ASL mobilitati per l’arrivo di quegli insoliti ospiti che hanno attirato l’attenzione anche della RAI, la quale non si è lasciata scappare questa anteprima a livello nazionale. L’allenamento e le prove in pista dei simpatici asinelli si sono svolti nelle prime ore del pomeriggio con ancora l’ippodromo deserto per non infastidire i cavalli fuoriclasse che avrebbero poi partecipato alla corsa vera e propria della serata. Mossa azzeccata in pieno, infatti il primo cavallo che è entrato in pista mentre l’ultimo asino usciva ha provocato la seguente reazione: il cavallo invece di mettersi a ridere ha inziato a rompere al galoppo, quasi a volare in aria nel vedere quel “collega” a quattro zampe con le orecchie lunghe e larghe cinque volte le sue! Per conto suo l’asino romagnolo si è congelato sul posto e, forse, fissando il più grande “collega” si sarà chiesto il perché di quelle orecchie sotto-misura. In tutti i casi gli allenamenti si erano conclusi bene e al ritorno presso le scuderie i driver-asinini esordienti hanno potuto sistemare in maniera oculata ed appropriata i finimenti per i calessi, trattandosi, come vedremo, di autentici pezzi originali datati dal 1890 al 1920.
Grande concitazione ai box per l’arrivo in forze di ospiti mai visti prima, che ha mobilitato diversi esponenti del settore, in primis i Veterinari ASL che hanno controllato rigidamente le documentazioni per via della vicinanza di cavalli fuoriclasse che stazionavano nei paraggi prima dell’inizio del Gran Premio; subito dopo l’arrivo della RAI per il servizio a carattere esclusivo da non perdere assolutamente. Grande via vai poi di esperti sellai e gente dalle antiche origini che hanno sistemato a dovere calessi e finimenti.
Sentiamo un cenno storico dalla Signora Daniela Villa, accompagnato da un interessante censimento
“Un cenno storico interessante ci viene descritto dalla “Relazione nazionale sull’Agricoltura” riferita al quinquennio 1870-74 della Romagna, dove si ricorda che nella “parte montanara”, corrispondente ai due terzi della superficie italiana, le attività commerciali “facevano affidamento alla soma” con muli e asini per via delle loro caratteristiche morfologiche. Nella stessa Relazione viene riportata la “statistica asinina e mulina” dove, per quanto riguarda la Romagna, risultavano censiti (maschi e femmine) 5.564 asini e 267 muli in provincia di Ravenna e 5.918 asini e 449 muli in quella di Forlì. Sempre a titolo di cronaca è interessante sapere che con l’avvento della motorizzazione e la sistemazione di strade più comode, nel 1960 la popolazione degli equini, comprensiva oltre che di asini e muli anche dei cavalli, era scesa in totale sotto le 5.000 unità (Ravenna e Forlì).
Grazie all’interessamento del Dott. Alberto Minardi, Presidente dell’Associazione As.I.R.A.R.A., possiamo disporre anche oggi, gennaio 2021, di un censimento aggiornato dell’Asino di Razza Romagnola. Censimento della Razza Asino Romagnolo (al 18.01.2021): Stalloni n.47, Fattrici n. 327, Puledri n. 223, Puledre n. 490: Totale n. 1.087.
Un numero di tutto rispetto se si pensa che, nel periodo in cui ebbe luogo il censimento (anni 2000-2003), funzionale al neo-riconoscimento della Razza, inserita formalmente (anno 2005) nel “Registro anagrafico italiano delle razze e popolazioni equine riconducibili a gruppi etnici locali”, i capi individuati furono soltanto 76 (15 maschi e 61 femmine). Contemporaneamente, si è anche assistito ad un incremento di allevamenti, che, ad oggi, sono circa un centinaio: 60 in Emilia Romagna, circa 12 in Lombardia, circa 6 in Veneto, 2 nelle Marche, 2 in Toscana, 1 in Piemonte e 1 in Friuli Venezia Giulia. Un nucleo importante di soggetti in purezza è poi stato esportato in Slovacchia.”
Di tutti i pareri e interviste uditi e che sentiremo a seguire sul tema, e relativi commenti di esperti veterinari o allevatori dei giorni nostri, ci è parso interessante riportare il commento di un auterovole studioso e autore di testi del Rinascimento, Tommaso Garzoni, onde ponderare in maniera oculata se questa antichissima razza asinina presenta oggi le stesse peculiarità che aveva rilevato lo studioso nel XV secolo.
“Vive di poco posto et contentasi di ogni cosa, sopporta molto la carestia, la fame, la fatica, le busse, è patientissimo d’ogni persecuzione, di semplicissimo et poverissimo spirito, si ch’egli non sa discernere tra lattughe, et cardi, di core innocente, et mondo, e sanza colera, et ha pace con tutti gli animali; onde in merito di questa sua bontà non ha pidocchi, rare volte inferma, et più tardo che ogni altra bestia muore “”
Tommaso Garzoni, studioso e autore Rinascimentale
Trottano veloci questi Asini romagnoli? Da una descrizione riportata nel “disciplinare di razza” leggiamo: “Potente e resistente nel traino a tiro leggero, con un trotto vivace e sostenuto che mantiene per lunghe distanze”. Corrisponde al vero questa descrizione? Lo abbiamo chiesto al Dott. Alberto Minardi Presidente di As. IRARA.
Alberto Minardi: “Si tratta di una caratteristica che era preziosa per i contadini più poveri della Romagna, e che veniva sfruttata per recarsi al mercato settimanale alla bella velocità di 15 chilometri all’ora. Per questa caratteristica, nel 1933, l’unico stallone romagnolo presente presso il Regio Deposito Stalloni di Reggio Emilia, costava 100 lire, mentre tutti gli altri quindici costavano da lire 25 a lire 60. Questo asino, di grossa taglia, era poi utilizzato per le numerose incombenze quotidiane, al carretto, per il trasporto di balle di paglia, delle ramaglie e di quant’altro. Era altresì utilizzato con il basto e in tanti casi per il trasporto degli agnelli nati da poco.”
Tanti erano gli accessori che dovevano essere presenti sopra questi mezzi; vediamone alcuni nel collage sottostante. Troviamo per l’illuminazione i classici fanali a candela e, con la riforma del primo Codice della Strada, venne introdotta anche una luce rossa nella parte posteriore sinistra del veicolo a trazione animale. Vediamo un modello classico di chiave per smontare il dado della ruota e accanto per tanti modelli che avevano un “cappellotto” che proteggeva il dado da polvere e fango ecco un attrezzo “a tenaglia” idoneo a svitare il coperchio. Poi troviamo tre targhette metalliche: in alto il marchio della fabbrica della ditta Gambi Nilo & C. di Ravenna, sotto la targhetta Comunale utilizzata dalle carrozze di Servizio Pubblico a Faenza, ultima in basso in alluminio il “bollo” da applicare sulla parte sinistra della stanga, ad indicare l’avvenuto pagamento. La targhetta annuale della foto della provincia di Ravenna, datata 1955 (67 anni fa) del costo di 1000 lire, indica in maniera approssimativa, con una piccola scritta in basso a destra, il numero dei rotabili (esclusi mezzi pubblici e carri agricoli) in circolazione in quel tempo nella provincia di Ravenna: 3.176.
A tirare le fila delle varie esibizioni ed interventi sul palco la bravissima Chiara Orzeszko, cronista di Teleromagna per la trasmissione: “Cavalli in Pista”, la quale, in diretto e costante contatto con la Direzione dell’Ippodromo, ha saputo gestire molto bene le tempistiche in relazione allo svolgimento delle varie batterie di corse al trotto che si sono susseguite nel corso di tutta la serata. Tenuto conto di tre ristoranti in funzione presso l’Ippodromo con i relativi clienti che dai tavoli hanno potuto ammirare la particolare ed unica esibizione, gli speaker hanno avuto un ruolo importantissimo; infatti, come spesso accade per manifestazioni a carattere storico-culturale, non tutti sono dei premi Nobel di Letteratura e qualche informazione hanno il diritto di riceverla.
Ci troviamo all’interno di un Ippodromo in Emilia Romagna e Alberto Minardi, microfono alla mano, ricorda che sul finire dell’Ottocento era attiva a Bologna una importantissima carrozzeria specializzata nella costruzione dei primissimi sulky: quella di Bassi Adolfo, con un grande assortimento di modelli a due ruote che vediamo sotto illustrati dal catalogo originale dell’epoca.
Spendiamo due parole sui nomi da assegnare ai rotabili a due ruote del secolo scorso.
Va detto che oggi tutti noi utilizziamo la parola “calesse” alla vista di tutti i modelli a due ruote, e tutto sommato è normale, perché la parola è rapida e coincisa e rende subito l’idea. L’esempio ci viene dalle nostre automobili, che alla vista di un bel modello davanti a noi nessuno dice: “Che bella Fiat 1400 cc con quattro ruote motrici, tipo Sport” tutti dicono: ma bella macchina! Nel passato, dove i rotabili con cavallo alle stanghe rappresentavano un lusso ed erano dei veri e propri mezzi di lavoro per i medici veterinari, commercianti, fattori, notai e parroci, le ditte costruttrici avevano i loro cataloghi con le descrizioni e le caratteristiche di ognuno. Un bell’esempio lo troviamo nelle quattro foto sottostanti di quattro diverse carrozzerie.
Prima foto in alto (poi in senso orario) la Fabbrica di Carrozze Pietro Boschi (erede C. Marri) di Faenza presenta un modello di Domatrice ad “ali corte” e uno ad “ali lunghe”. Per “ali” si intendono le stanghe che potevano essere corte per un Pony o mezzo-cavallo o lunghe per una cavallo di altezza normale. Altra interessante caratteristica eseguita su ordinazione erano i “parafanghi” sopra le ruote che trattenevano gli schizzi di fango e acqua sollevati dal movimento delle ruote. Solitamente era richiesto dalle Signore per non imbrattare i voluminosi vestiti nel salire e scendere. Segue l’importante ditta di Pistoia dei F.lli Fedi che presenta lo stesso modello di Domatrice con una “Capot” che si poteva togliere e mettere all’occorenza. Il termine tecnico era “a baionetta”. Abbiamo poi Adolfo Bassi di Bologna con un altro modello di Domatrice denominato “Tipo Milano”, a conferma che tanti nomi avevano derivazioni tipiche del territorio di appartenenza e sempre poi costruite artigianalmente dove ogni esemplare era diverso dal precedente. La Domatrice del catalogo Bassi presenta il sedile uguale ad un Military ma più alto con pianale sottostante in rete o corda, idoneo a trsportare masserizie varie. Ultimo rotabile il modello più diffuso del tempo per praticità ed eleganza, il “Military” della Carrozzeria dei F.lli Gandolfi di San Giorgio di Piano (BO) con il nome del modello scritto a penna dal titolare.
Abbiamo sentito il Dott. Alberto Minardi presidente di As.I.R.A.R.A. Associazione italiana allevatori di razza Asino Romagnolo.
“Una ventina di anni fa – racconta Alberto Minardi, presidente di As.I.R.A.R.A. (Associazione italiana allevatori di razza Asino Romagnolo) non si sapeva nemmeno se l’Asino Romagnolo esistesse ancora o se fosse solo la romantica reminiscenza di qualche cultore un po’ stravagante di tradizioni di una volta. Grazie a una sinergia che ha visto lavorare insieme la Regione Emilia-Romagna e l’Associazione Provinciale e Regionale degli Allevatori, oggi questa razza è ai vertici, quanto a interesse mediatico, tra le otto riconosciute in tutta Italia. I numeri, poi, la vedono anche in forte espansione zootecnica. Uno sviluppo considerevole dell’allevamento di Asini Romagnoli è avvenuto, in particolare, anche grazie alla spinta dell’As.I.R.A.R.A. che è stata fondata a Imola nell’Aprile del 2011 (da parte di trentadue allevatori) e che, dunque, il prossimo anno taglierà il traguardo dei dodici anni di vita.
“E’ un merito che l’Associazione raccoglie con piacere – continua Minardi -, un risultato che si è molto giovato della Fiera Agricola del Santerno di Imola che, anno dopo anno, ha rappresentato, e rappresenta, la mostra zootecnica e la vetrina nazionale della Razza, presso cui vengono a confrontare i propri soggetti e a comprare, allevatori da tutta Italia. Un esito, comunque, ottenuto al termine di un proficuo lavoro durato dieci anni e che ha visto lavorare insieme diverse realtà pubbliche e private. Un animale che ricorda non solo un lavoro ed un contesto passato, ma che dimostra, ancora oggi di saper sostenere una relazione importante con l’uomo. E’ un animale intelligente, sensibile, empatico – continua il presidente di As.I.R.A.R.A. – capace di interagire con l’essere umano, tant’è vero che nelle “Linee guida degli Interventi assistiti con animali (IAA)”, pubblicate qualche anno fa dal Ministero della Salute, l’asino è stato inserito nell’elenco insieme al cavallo, al cane, al gatto e al coniglio, indicandolo come particolarmente adatto al recupero psico-emotivo delle persone affette da specifici deficit. Per questo l’Associazione sta portando avanti anche una serie di progetti legati all’onoterapia, ovvero la terapia con l’asino, alla produzione del latte sia come prodotto alimentare anallergico per l’infanzia e l’età senile, sia come componente di prodotti del settore della cosmesi, ma anche per l’attività del trekking someggiato, che in alcuni paesi come la Francia è già particolarmente diffuso.
Per saperne di più visitare il sito internet: www.asinoromagnolo.it
Un particolare tecnico emerso nel corso della serata è stata la tanta luce, per gli asini veramente troppo abbagliante! Diversi allevatori ci hanno confermato che solitamente vengono allenati di giorno e con questi caldi afosi tante volte all’imbrunire. Trovarsi con i pontentissimi fari dell’Ippodromo che illuminavano a giorno loro e la pista li ha messi un po’ a disagio. Pazienza, la loro buona indole ha permesso ugualmente lo svolgersi dell’evento per la felicità di tutti.
L’asino romagnolo che oramai possiamo dire è scampato all’estinzione (ad oggi 1207 esemplari tutti con regolare passaporto) inizia a farsi conoscere sempre più e cresce la voglia di tanti di possederne uno. Un particolare noto solo agli addetti ai lavori: l’asino non viene ferrato come un cavallo ma, per la particolare conformazione del suo zoccolo, richiede dei ferri particolari. Vediamo una sequenza fotografica per capire meglio.
E voi pensate o credete che tutto finisca qui?
La passerella davanti al pubblico è terminata, gli applausi non sono mancati, ed ora si ritorna alle scuderie. I box distano circa 600 metri, i driver in pochi minuti hanno acquisito una buona tecnica, gli asini non hanno mosso il sudore e sappiamo tutti che il ritorno alla scuderia per i quadrupedi significa mangiare, dunque il passo si allunga; poi una voce, udita da centinaia di anni e in 1000 occasioni, risuona in pista “il mio asino va più forte del tuo!”. Si scatena la “bagarre” e subito due equipaggi si staccano dal gruppo (1-2), non si danno per vinti gli altri due che si buttano all’inseguimento dei fuggitivi (3). Nel frattempo nella parte corta dell’anello continua la lotta tra i due equipaggi a fasi alterne ma Lino Zerbini driver e allevatore pluri-premiato non molla l’osso e tiene bene la testa della corsa (4-5).
Mario Marcotti con l’asina “Ombrina” non cede e si lancia all’inseguimento confidando nelle sue doti nascoste (5-6-7) e recupera cm su cm. Chissà, forse a causa di antiche origini dei suoi avi ai tempi delle corse delle bighe al Circo Massimo, “Ombrina” affianca pericolosamente il military di Zerbini e tenta di speronarlo! (8) La manovra secca e inaspettata costringe ad una brusca scartata e conseguente perdita di secondi preziosi (9). Dalle retrovie vede tutto Bernardo Montaleone e gioca la carta dell’astuzia per guadagnare la testa della corsa (10). Dal lato interno della pista illuminatissima si arrampica in salita sul bordo esterno prospicente alle tribune dove c’è poca luce e l’asina “Naomi C.” dal mantello baio oscuro, col favore delle tenebre, tenterà il sorpasso.
E mentre la corsa si surriscalda con varie e assortite strategie, come un fulmine a ciel sereno Mirko Fabbri con l’indemoniata “Margherita dei Cantelli” guadagna la testa della corsa in maniera … provvisoria. (11). La foto n. 12 ci racconta l’epilogo: la mandrakata tentata da Montaleone fallisce miseramente, la Baracchina con i tre occupanti ed i 20 metri in diagonale e per di più in salita, penalizzano fortemente il driver e l’asina “Naomi” si ritrova al 4° posto; ancora peggio per Mirko Fabbri il quale, scattato con prepotenza alla testa del gruppo, ha visto lentamente un calo di zuccheri nel fisico di “Margherita dei Cantelli” che aveva speso tutto nel rush finale, dunque 5° posto e penultima posizione per lui.
Dopo nove minuti e trenta secondi dall’arrivo del primo classificato, si presenta al foto-finish Gilberto Gavelli con “Pioggia dei Cantelli” (13): la velocissima asina che durante le prove aveva registrato un tempo al km di 15 minuti e 12 secondi era in serata no! E quando un asino non ha voglia, credetemi, bisogna lasciare perdere! (14) Viene così riaccompagnata dolcemente ai box da Gilberto mentre la figlia Sofia gli tiene le redini alte per evitare un sovraccarico di peso sulla groppa. Senz’altro andrà meglio la prossima volta.
Per maggiori informazioni ricordiamo che esiste un interessante e unico sito-web riservato all’Associazione sopra citata: As.I.R.A.R.A. e dove il Dott. Alberto Minardi ha pubblicato un interessante articolo sullo svolgimento dell’evento. Ecco il Link: http://www.asinoromagnolo.it/wordpress/