Tutte le informazioni e immagini le abbiamo tratte da una edizione speciale per la Shell italiana curata da Hergè; direzione storica e tecnica Jaques Martin a stampa di Gandus Editore – Genova – 1954 (da collezione privata di Ermes – Bo)

 

Tante volte sfogliando un vecchio libro scritto 70 anni fa emergono storie, fatti e analogie che riflettono in maniera impressionante la nostra attuale realtà. Non credo sia del tutto sbagliato affermare che a volte ritornano!

Trazione umana, animale e la ruota

Anche se non siamo dei veggenti ci pare di vederlo l’uomo preistorico; dopo una tremenda giornata a combattere per il cibo e la sua sopravvivenza si sdraiava, esausto, fuori dalla sua caverna a pensare cosa fare per faticare di meno. I trasporti di legna e selvaggina avvenivano su slitte trainate tramite funi in pelle e mosse dalla muscolatura umana, così per migliaia di anni, fino a quando (si suppone) vedendo rotolare un grosso tronco giù dalle pendici di una collina a qualcuno venne in mente di tagliarlo a fette e fu così che un genio inventò la ruota. In men che non si dica intorno al 3000 a.C., alla slitta o treggia vennero aggiunte due o quattro ruote e successivamente aggiogati i buoi, e attaccati asini e cavalli. Si continuò su questa strada fino al 1700 circa, poi, la mente umana sempre alla ricerca di innovazioni, iniziò a pensare di sostituire il cavallo con qualcosa di diverso; a qualcuno tornò alla mente la Eolipila inventata nel I secolo dallo scienziato e matematico greco Erone di Alessandria, e iniziarono le primissime sperimentazioni.

 

Descrizione tecnica: era azionata da un’eolipila alimentata dal calore delle braci. Il getto di vapore prodotto dall’eolipila colpiva una ruota orizzontale fornita di pale, che ingranava le ruote motrici anteriori, mentre le ruote di direzione erano situate posteriormente.

 

Chi inventò il primo “Carro a vapore?”

Se corrisponde al vero l’affermazione che l’essere umano da tempi remoti ebbe come passione quella di fare e creare guerre, è altrettanto vero che tante Comunità Religiose per loro necessità dotate di una intelligenza più ampia, si accollarono l’onere e dovere di promuovere la pace e il conseguente progresso pacifico. Toccò ad uno di essi, un missionario belga della Compagnia di Gesù, Padre Verbiest che nel 1679 inventò un simpatico carretto lungo poco più di 65 cm e mosso dal vapore allo scopo di intrattenere l’Imperatore della Cina e la sua corte. La prima prova avvenne nel sontuoso palazzo imperiale di Pechino ed ebbe un gradissimo successo.

Il progetto venne considerato dall’Imperatore e da tutti i presenti un bel giocattolo e fu ben presto dimenticato. Non venne però dimenticato dai Gesuiti residenti in Cina dove un’esperienza simile venne nuovamente eseguita a Pechino all’inizio del XVIII secolo sempre alla presenza dell’Imperatore della Cina. Il costruttore della macchina era un italiano, R.P. Grimaldi e il suo carretto somigliava moltissimo a quello di Padre Verbiest.

 

Ispirato dall’antico principio inventato da Erone di Alessandria (Eolipila a vapore) l’abate Nolet si diede da fare ed ecco il funzionamento: il getto di vapore uscendo da un becco ricurvo, azionava una ruota a palette che a sua volta metteva in movimento gli ingranaggi che comandavano le ruote motrici. La piccola ruota di direzione comportava un sistema di bloccaggio a vite continua che permetteva alla macchina di girare in tondo. Una bacinella posta in basso conteneva braci incandescenti che attraverso una condotta scaldavano l’acqua del serbatoio superiore. Raggiunta la pressione sufficiente, il carretto partiva con un fischio acuto accompagnato da nuvole di fumo.

 

Nel 1748 in Francia, un’altro ecclesiastico; l’abate Nolet esperimentò un’altro modello di carretto a vapore del tutto simile come funzionamento a quello di Padre Verbiest (1679). Entrambi questi prototipi si possono considerare dei modellini sperimentali di dimensioni ridotte che non potevano trasportare persone ma che servirono ad ispirare i futuri inventori che in tutte le nazioni iniziarono a studiare ingegnosi meccanismi aventi come scopo ultimo quello di sostituire o quanto meno potenziare la trazione animale.

 

Il “Fardier” del francese Nicolas Joseph Cugnot

 

Come volevasi dimostrare all’arrivo di nuove tecnologie ecco apparire gli scopi militari e dai piccoli carretti si passò nel 1769 al “Fardier” (Carro Matto) del francese Cugnot, un carro di notevoli dimensioni concepito per usi militari che doveva servire a trainare grossi pezzi di artiglieria per alleviare le fatiche dei tanti cavalli adibiti al traino. E così Nicolas Joseph Cugnot nel 1769 nel grande cortile dell’Arsenale di Parigi iniziò l’esperimento. Non finì molto bene la prima prova perché il “Carro matto” in gran velocità sfondò il muro di cinta dell’arsenale e l’inventore si rese subito conto che si era dimenticato di inventare … i freni!

 

Finalmente la prima macchina a vapore con trasporto passeggeri

La macchina a vapore di Symington – 1786 – Gran Bretagna

Fino al 1786 i vari inventori (o innovatori) avevano progettato mezzi in miniatura o prototipi sperimentali forse per studiare nel dettaglio le potenzialità ed i limiti della nuova forza motrice a vapore. Ora si trattava di vedere se questa nuova tecnologia poteva avere un futuro o era da archiviare per sempre. William Symington fu il primo a costruire nel 1786 una vettura a vapore adibita al trasporto di persone. I primi collaudi ebbero un discreto successo ma purtroppo il pessimo stato di manutenzione delle strade dei tempi fece perdere la voglia all’inventore di proseguire le sue ricerche.

 

Primo veicolo in assoluto adibito al trasporto di persone. La caldaia di tale macchina, sistemata tra le ruote motrici, comunicava con due cilindri laterali a semplice effetto, portanti ognuno il proprio condensatore. Il movimento era trasmesso da una cremagliera a dei tamburi a ruota dentata, posti sull’asse delle ruote. La sospensione della cabina dei passeggeri si ispirava decisamente a quella delle vetture a cavalli.

 

La vettura a vapore di Trevithick e Vivian – 1803 – Gran Bretagna

Dalle strade sconnesse della Scozia passiamo ora a Londra dove nel 1803 due geniali inventori, Trevithick e Vivian, per la prima volta al mondo percorsero un tragitto abbastanza lungo alla media di 8/10 chilometri all’ora.

 

La caldaia, collocata posteriormente, azionava un cilindro orizzontale che trasmetteva il movimento ad un asse. Questo era dotato di un volano di notevoli dimensioni e di ingranaggi che comandavano ruote di grande diametro. La cabina passeggeri a gondola che richiamava le forme di una carrozza era notevolmente scomoda e ancora di più lo era il posto per il conducente.

 

Nota storica

L’Inghilterra conobbe all’inizio del secolo scorso una vera febbre di innovazioni tecniche e fu un enorme vivaio di inventori di talento che si resero famosi in molti campi e specialmente in quello della locomozione stradale a vapore. Nei primi anni dell’800 le diligenze trainate da cavalli per il trasporto di posta e persone erano le regine incontrastate dei trasporti terrestri e dopo l’esordio di Trevithick e Vivian con un telaio di carrozza capace di trasportare poche persone ecco arrivare i primi prototipi di “Diligenze” a vapore, ognuna con qualche innovazione utilizzata ancora oggi e ognuna con i tanti problemi di quel particolare contesto storico.

Dobbiamo riconoscere che questi precursori delle prime automobili vissero tempi duri: in tantissimi si accanirono fino all’inverosimile con queste persone che raramente ebbero soddisfazioni o ricompense, molti furono messi in ridicolo e altri rovinati per sempre; la loro tenace ostinazione nell’andare avanti era probabilmente dovuta all’intima convinzione di avere ragione. (Che sia così anche oggi con le energie-rinnovabili?)

 

Alcuni modelli di diligenze con relative curiosità tecnico-storiche

 

Una diligenza piena di problemi ma con tante innovazioni tecniche che attirarono curiosi e inventori da ogni parte, anche se nel corso di ripetute prove su strada non ebbe il successo sperato. L’ideatore, Julius Griffith, la fece costruire dal famoso meccanico Bramah.  La diligenza era dotata di una caldaia a serpentine situata nella parte posteriore del veicolo sostenuta da una robusta armatura. Griffith fece montare un albero a più pignoni che si ingranavano a volontà nelle ruote dentate solidali con le ruote motrici. Fu questa la prima apparizione del “cambio di velocità”. Inoltre introdusse negli organi motore un condensatore formato da numerosi tubi appiattiti di metallo leggero, esposti alle correnti d’aria, un primo embrione degli attuali radiatori. La guida era molto originale: ogni ruota girava all’estremità di un asse immobile; fu questa la prima apparizione del sistema di comando, universalmente adottato in seguito, che fa girare ogni ruota di direzione perpendicolarmente ai raggi di cerchi concentrici.

 

Henry James in collaborazione con Sir James Anderson realizzò una grande diligenza a 15 posti e raggiunse la velocità da 19 a 24 km orari. La diligenza era azionata da due macchine dotate di due cilindri indipendenti, ognuno dei quali comandava delle ruote motrici. Nonostante un incidente avesse messo fuori uso una delle due caldaie, la vettura potè rientrare senza difficoltà alla velocità ridotta di 9 km orari.

 

La diligenza del Colonnello Macerone. Questa vettura poteva trasportare otto passeggeri, era munita di una caldaia posteriore a tubi d’acqua e focolare a ventilatore. Restò in attività per diciotto mesi, coprendo più di 2.700 chilometri senza alcuna riparazione di rilievo.

 

John Scott-Russel fondò la compagnia di trasporti a vapore su strada detta “Steam Company of Scotland” che effettuava il servizio Glasgow-Paisley. Le vetture erano composte da un cocchio che serviva da diligenza per il trasporto delle persone, il quale trainava a sua volta un “tender” per l’acqua e il carbon coke. La caldaia era del tipo tubolare a due cilindri di bronzo che funzionavano da bielle di ritorno e ingranaggi riduttori da due a uno sull’asse delle ruote motrici. Molle speciali molto robuste proteggevano il cocchio dalle scosse.

 

Nell’aprile del 1834 venne organizzato il primo viaggio, le partenze avvenivano a tutte le ore e il percorso di 7 miglia e mezza (12 km) veniva coperto in meno di 45 minuti, tempo che fu abbassato poco dopo a 34 minuti. Il successo fu enorme e le vetture che potevano accogliere normalmente ventisei passeggeri partivano tante volte sovraccariche con oltre 30 persone. Nonostante ciò in aperta campagna si superavano i 27 km orari! Questo esagerato successo dei mezzi senza i cavalli tradizionali, fece suscitare invidie e feroci gelosie al punto che i proprietari delle strade ove trasitavano le diligenze a vapore iniziarono a gettare sul percorso grosse pietre nel tentativo di bloccare il servizio. Arrivò il giorno in cui una di queste pietre fece cedere la ruota posteriore della diligenza e il cocchio con all’interno i passeggeri si appoggiò pesantemente sulla caldaia che esplose violentemente causando la morte di cinque persone e svariati feriti. I sostenitori incalliti dei trasporti con carrozze trainate da cavalli avevano vinto la loro battaglia! Il giorno stesso il servizio di diligenze a vapore venne abolito.

 

Che lotta mettere in pensione il cavallo da traino!

La trazione animale aveva radici troppo profonde, centinaia di anni alle spalle: inconcepibile per tanti una cosa come il motore! I cavalli, i carri, le carrozze, i maniscalchi, i fabbri ferrai, le botteghe artigiane, i sellai, i commercianti di cavalli, i mediatori e una miriade di interessi economici e di persone videro all’orizzonte lo spettro della disoccupazione; i più perspicaci e intelligenti si adattarono e trovarono lavori alternativi emergenti, altri condussero una vera e propria battaglia anche a colpi bassi contro il nuovo che inesorabilmente si faceva strada.

 

La “ERA II” o “ERIN” di Walter Hancock fu uno dei tanti successi meccanici purtroppo finito male. Nel maggio del 1836 le sue vetture in sole venti settimane avevano coperto 6.758 chilometri e trasportato 12.760 passeggeri in 712 viaggi di andata e ritorno. Ogni veicolo aveva corso in media sei ore al giorno, il tragitto di 15 km veniva coperto in un’ora e 10 minuti. Ancora una volta questo dilagante successo venne ostacolato in mille modi dalle autorità, spinte dalla potente coalizione degli “agricoltori, impresari di vetture, cocchieri, garzoni di scuderia e vecchie signore di Cheltenham” … come scrisse James Stone.

 

Continuavano senza sosta progressi e innovazioni i quali però si alternavano con antiche e sorpassate abitudini. Restava sempre presente la scocca delle tradizionali carrozze e diligenze a cavalli. L’inventore che presentò questo modello si faceva chiamare “Cavaliere d’Asda” e nel 1835  a Parigi, presentò questo suo modello davanti al re Luigi Filippo che vide le evoluzioni del mezzo che percorse 1.600 metri sotto gli occhi di una folla entusiasta.

 

Particolare curioso forse dovuto ai vari inventori di chiaro stampo militare a cui pareva perfettamente normale per i passeggeri arrampicarsi tramite delle funi sull’imperiale per iniziare il viaggio!

 

Era oramai divenuto un vizio senza sosta la guerra dei “conservatori” contro gli “innovatori” e non risparmiava più nessuno! Anche qui troviamo il telaio di una “Giardiniera” con l’aggiunta dei marchingegni a vapore. La ideò John Squire nel 1843 con tanto di brevetto concesso dal principe Alberto, marito della Regina Vittoria. L’ostilità dei proprietari di diligenze a cavalli, le manovre delle autorità locali con tasse esageratamente alte e l’ostilità dei lavoratori dell’indotto equestre fecero ben presto desistere Squire dal proseguire, e anche lui dovette arrendersi.

 

Etienne Lenoir un operaio di modeste origini divenne con il passare del tempo un fecondo inventore e arrivò al successo nel 1858 quando mise a punto il “motore a gas illuminante”. L’invenzione apriva nuovi orizzonti alla futura automobile. Mise a punto una serie di motori a bicarbonato di gas, gas solforoso e infine quello a petrolio.

 

Lenoir mise su strada nel settembre del 1863 una vettura capace di trasportare parecchie persone. Si trattava di un “Break” simile a quello per la trazione animale mentre la parte anteriore aveva il posto per il guidatore seduto sopra un cassone che conteneva l’acqua per il raffreddamento del motore e con un freno a mano laterale. Il motore, posto sotto la parte posteriore della vettura, era dotato di un carburatore, inventato dallo stesso Lenoir, che funzionava a gas di petrolio. Il primo viaggio fu Parigi-Joinville-le-Pont di 18 km e venne coperto in un’ora e mezza sia all’andata che al ritorno. Purtroppo la vettura sperimentale era troppo debole (sviluppava 1,5 cavalli) e consumava troppa acqua e petrolio, motivo per cui venne ritenuta poco pratica. Nonostante tutto però era stato fatto un decisivo passo avanti verso l’automobile a benzina, messa a punto 22 anni dopo da Daimler & Benz. Il motore a scoppio era diventato realtà.

 

Amedeo Bollèe inventò nel 1873 una vettura battezzata “L’Obéissante” (Obbediente) e considerato il successo delle prove su strada ottenne subito l’autorizzazione dal Ministro dei lavori pubblici del tempo, Caillaux, a servirsi della sua vettura in cinque dipartimenti. Era mossa da due motori a vapore bicilindrici a V che fornivano 20 CV e che comandavano una ruota ciascuno, aveva due cambi di marcia, pesava 4 tonellate e raggiungeva la velocità di 42 km all’ora. Grande innovazione: le ruote anteriori erano indipendenti e passarono 50 anni prima di vederle applicate sopra un’auto.

 

Le strutture delle carrozze a cavalli proprio non se ne volevano andare e in questo modello denominato “La Mancelle” sempre di Amedeo Bollée  lo notiamo nel vedere la sistemazione dei passeggeri (1878)

 

Il cocchio a petrolio di Delamarre-Debouteville, 1883, Francia. Delamarre nel 1883 installò un nuovo modello di motore a gas su di un vecchio Wagonette da caccia del fratello. Il motore, orizzontale e bicilindrico a doppio raffreddamento (aria-acqua) era alimentato con gas di petrolio ed era dotato di un carburatore a spirali verticali che la corrente d’aria di aspirazione percorreva caricandosi del combustibile, il quale giungeva alla camera di combustione per capillarità, sistema detto a “sbattimento”. Tale motore sviluppava 8 CV ed era, per quel tempo, una potenza notevole.  Con la morte prematura di Delamarre a soli 46 anni l’invenzione non ebbe seguito.

 

Anche l’Italia, per quanto nel secolo scorso fosse ancora un paese prevalentemente agricolo, travagliato da una crisi profonda, prima per la conquista, poi per il consolidamento della propria unità, non restò assente da questa gara per il progresso. Pur in ritardo nel campo dell’industria meccanica e siderurgica e nuova alle problematiche della mutata circolazione stradale, anche l’Italia ebbe i suoi pionieri e uomini dotati di grande ingegno. Ricordiamo il bolognese Luigi Pagani che nel 1830 costruì una “Locomotiva a vapore applicabile a diversi usi” e Virginio Bordino che dal 1836 al 1854 progettò e costruì cinque veicoli a vapore per usi militari. E ancora Barsanti e Matteucci, Enrico Pecori, Enrico Bernardi, Michele Lanza e tanti altri.

 

La vettura a vapore di Luigi Pagani – 1830, Italia.  Fino al 1830 tutti i tentativi di locomozione a vapore e relative invenzioni erano un’assoluta esclusiva britannica; poi dopo il 1830 anche in Italia qualcuno iniziò a reagire positivamente all’ondata del progresso. Il meccanico bolognese Luigi Pagani costruì nel 1830 un modello da lui denominato: “Locomotiva a vapore applicabile a diversi usi”. Non si hanno testimonianze precise ma pare che le esperimentazioni sulle strade del tempo in aperta campagna trafficate da buoi, carretti con muli e asini, e biroccini di vari modelli crearono notevole scompiglio tra i contadini i quali, passata la paura iniziale di quel mostro malefico fecero desistere l’inventore a colpi di fruste, badili e picconi

 

Lentamente anche l’Italia si affacciava al palcoscenico internazionale ed uno dei primi costruttori italiani fu Enrico Pecori il quale, ispirato dai suoi predeccessori francesi Dion-Bouton e Trèpardoux, mise a punto un elegante triciclo con trasmissione a catena ed un comando a barre, senza alcun dispositivo meccanico.

 

Il Duca di Genova inaugurò il primo stabilimento FIAT in corso Dante il 19 marzo 1900 ed erano fino a quel momento già state costruite una quindicina di automobili. Fu solo l’inizio di un marchio che ancora oggi tutti noi conosciamo e apprezziamo. Nel disegno la vettura “Duc” a due/tre posti, interasse corto, ruote tipo bicicletta, piantone di guida verticale con comando a catena. Il motore a benzina era sistemato posteriormente e la trasmissione veniva effettuata con catene.

 

Di questa autovettura che ancora oggi è un famoso vanto del made in Italy ci permettiamo di fornire alcuni dettagli storici in più gentilmente concessi dal Presidente della Fondazione “Emanuele Cacherano di Bricherasio” sig. Maurizio Aiassa.

 

 

Ospite d’onore alla Fondazione la Fiat guidata dal conte Emanuele Cacherano di Bricherasio nel 1901 in occasione del 1° Giro d’Italia automobilistico.

 

Il 18 maggio del 1895 Bricherasio, insieme all’ingegner Sacheri, fu l’organizzatore della prima corsa motoristica italiana: la Torino-Asti-Torino; all’evento parteciparono appena cinque concorrenti, tra cui Giovanni Battista Ceirano, che in seguito diverrà socio di Bricherasio della prima società italiana per la costruzione di automobili.
Nel 1898, con l’amico avvocato Cesare Goria Gatti e altri gentlemen-driver, organizzò la prima edizione della Mostra Italiana dell’Automobile, svoltasi presso la Palazzina delle Belle Arti del Parco del Valentino.
Nell’autunno del 1898 Bricherasio, insieme al conte Biscaretti di Ruffia, fu tra i fondatori dell’Automobile Club di Torino, che in seguito divenne l’Automobile Club d’Italia. Contestualmente, Bricherasio si dedicò anche alla fondazione de L’Automobile, la prima rivista settoriale italiana.

 

Nella foto primo a sinistra; Arch. Antonio Carella fondatore del R.A.C.I. e Maurizio Aiassa Presidente della Fondazione “Emanuele Cacherano di Bricherasio” fotografati nel corso di un evento di alcuni anni fa, che illustrava il passaggio a metà ‘800 dalla carrozza all’automobile.

 

A seguito della fondazione della F.I.A.T., Bricherasio rivestì la prestigiosa carica di vicepresidente e la vita del nobiluomo scorse tra le riunioni del consiglio di amministrazione, la frequentazione dei salotti aristocratici e le numerose iniziative promozionali per l’automobile, tra cui la prima edizione del Giro automobilistico d’Italia del 1901.Il suo fascino e la sua personalità contribuirono anche a creargli la fama di tombeur de femmes, ponendolo sovente al centro dei pettegolezzi salottieri, forse ben più della sua attività imprenditoriale. Divideva questa fama con il suo migliore amico, conosciuto all’accademia militare: il capitano Federico Caprilli, ufficiale di cavalleria. Il loro lungo e profondo legame d’amicizia si protrasse per tutta la vita, così come l’intensa frequentazione di Caprilli con la stessa famiglia Bricherasio.

Fondazione “Emanuele Cacherano di Bricherasio” – Presidente: Maurizio Aiassa   Via G.B. Bricherasio, 2 Roppolo – Frazione Morzano

Per info: info@fondazioneemanuelebricherasio.org

 

 

VETTURE ELETTRICHE A BATTERIE

La vettura chiusa di Gauthier-Wehrlè – 1897 – Francia

 

Verso il 1895 le vetture in generale marciavavano tutto sommato abbastanza bene, ma tutte presentavano un problema: nei mesi freddi o con pioggia battente offrivano poco riparo a conducente e passeggeri. A questo rimediò un carrozziere parigino, Gauthier-Wehrlé, il quale costruì una vettura elettrica sormontata da una cabina a vetri che si incurvava in avanti allo scopo di riparare dalla pioggia. Gli esperti di attacchi ricorderanno certo alcuni modelli a trazione animale molto simili che lasciavano, come al solito, il guidatore esposto a tutte le intemperie. Un’altro piccolo passo era stato fatto e ben presto anche i più scettici si resero conto che nelle molteplici attività della vita quotidiana il cavallo aveva fatto il suo tempo.

 

Il Taxi elettrico di Riker – Stati Uniti

 

Le vetture elettriche a batterie

La “Battaglia per i motori” in pieno svolgimento in Europa continuò negli Stati Uniti d’America perchè dopo le scoperte di Edison l’elettricità aveva avuto un grandissimo sviluppo. Anche se i motori a “gas di petrolio” si diffondevano rapidamente tra la popolazione, i motori elettrici e a vapore mantenevano migliori prestazioni come velocità ed erano anche più puliti e silenziosi di quelli a petrolio. Un costruttore che puntò con successo alla trazione elettrica fu un certo Riker che nel 1899 costruì una serie di vetture ben concepite. Fu un grande successo e nel giro di pochi mesi fondò una società di Taxi che serviva New York. Queste vetture, silenziose e veloci, dotate di grande visibilità per i passeggeri, viaggiavano giorno e notte senza sosta e suscitarono non poche lamentele dai proprietari delle vetture pubbliche a cavalli. Lentamente il successo di queste vetture ebbe fine e, causa le strane storie del destino”, le batterie vennero archiviate a favore della benzina. Pare che oggi, 2022, a distanza di oltre 100 anni, qualcuno inizi a rispolverare le vecchie batterie e archiviare i motori a benzina.

 

I motori a benzina  presero il sopravvento e lentamente, con la passione sportiva delle corse automobilistiche, batterie e vapore non ressero l’urto della velocità.

 

Henry Ford iniziò in gioventù a fare del tirocinio come meccanico in una società elettrica e nel 1896 inaugurò il suo primo quadriciclo, perfetta fotocopia del Show Wagon utilizzato per attaccare i cavalli Hackney. Questo quadriciclo aveva un motore posteriore a gas di petrolio, con trasmissione a catena e comando a leva orientabile, un piccolo gioiello tecnico molto rumoroso, che causò al suo inventore un sacco di guai. Durante le prove su strada scatenava le ire dei cocchieri i cui cavalli spaventati dal rumore e dalla visione strana, si impennavano al suo passaggio; inoltre suscitò reclami e riprovazioni da parte della “gente assennata” del tempo. La Polizia non tardò ad arrestarlo per “tumulti, agitazioni e attentati all’ordine pubblico” perchè aveva osato correre a piccola velocità lungo il Michigan Boulevard. Schernito dal suo direttore, incompreso da quanti l’attorniavano, egli proseguì i suoi esperimenti con tutte le sue forze, contro tutti, e con una testardaggine unica. E finalmente lui, umile ricercatore, portò l’industria automobilistica americana ai fasti che tutti oggi conosciamo.

 

Il “Vis-à-Vis” di Daimler – 1889 – Germania. Il tedesco Gottlieb Daimler fondò nel 1884 una propria società per commercializzare un suo motore a petrolio di nuova concezione. Era dotato di un motore bicilindrico a bruciatori, racchiuso nella parte posteriore e presentava una interessante novità: la sospensione posteriore del veicolo era assicurata da molle a spirale che agivano verticalmente, mentre nella parte anteriore le tradizionali molle a balestra sospendevano le ruote su un punto dell’asse delle ruote stesse. Altra innovazione: le ruote motrici erano comandate da un asse che ingranava due dischi a corona dentata, fissati sulle ruote stesse.

 

Nel 1889 il Vis-à-Vis di Daimler venne acquistato dal Sultano del Marocco e fu dotato di accessori personalizzati appositamente per lui: baldacchino a frange e tendine scorrevoli. Fu quella la prima vettura che circolò in Marocco, ed è abbastanza facile immaginare lo stupore della popolazione Araba del tempo nel vedere quella macchina strana procedere da sola senza nessun cavallo o altro animale attaccato.

 

La vettura F.N. De Cosmo – 1898 – Belgio Prima vettura costruita dalla F.N. (Fabrique Nationale di Herstal, Belgio) e fu realizzata da un italiano: De Cosmo. La macchina era dotata di un motore a due cilindri collocato anteriormente sotto un piccolo cofano e sviluppava 3,5 cavalli vapore con trasmissione a cinghia e catene. Era molto leggera e riprendeva il solito telaio di una wagonette a trazione animale.

 

La vettura “Tatra” prendeva il nome da una catena di montagne che delimitava la Boemia dalla Slovacchia e il suo inventore, Siegfried Marcus, aveva iniziato a farla circolare per le strade di Vienna nel 1875. Divenne abbastanza famosa e nel 1899 venne costituita una società per commercializzare questo modello, a dire il vero piuttosto antiquato rispetto le nuove tecnologie di altri paesi. Con il tempo divenne la più importante ditta cecoslovacca, fino a quando non resse la concorrenza delle famose officine Skoda che decisero di costruire anch’esse automobili.