Continuiamo anche in questo 2022 il nostro lavoro di “cacciatori di notizie” e questa volta ci addentriamo in un particolare costruttivo di un modello di ruota in legno che solitamente veniva montato sui calessi. Questo tipo di ruota che come colpo d’occhio era decisamente più piacevole, veniva apostrofato “con i raggi alla Fiorentina” e chiaramente era stato ideato da qualcuno di cui, per ora, non conosciamo il nome. Eravamo a conoscenza che una persona, e più esattamente l’amico Gian Carlo Bina, potesse darci informazioni più precise su questa tipologia di ruote perchè possedeva nella sua collezione privata di carrozze un modello di calesse con quelle caratteristiche.

L’abbiamo contattato, e vedrete Voi stessi che panoramica di informazioni è emersa dalle nebbie del passato … buona visione

 

Il calesse modello “Pistoiese” della fabbrica “Spagnesi” di Pistoia tutt’ora conservato nella collezione privata di Gian Carlo Bina. Nel riquadro centrale un particolare dei raggi alla “fiorentina”

 

La cavalla “Dora” con il padre di Gian Carlo Bina, Luigi a destra, mentre a sinistra vediamo il nonno Pietro. Foto scattata nel 1949 circa

 

Testo e immagini di Gian Carlo Bina

 

Nel lontano 1950 e precisamente in un freddo e piovoso pomeriggio del 9 dicembre, il mio nonno attaccava al suo calesse pistoiese, della rinomata fabbrica Spagnesi di Pistoia, la mitica cavalla Dora, una bettolese, sotto-razza bardigiana, per recarsi nel vicino paese di Ponte Nizza per prelevare l’ostetrica che ha assistito la mia mamma quando sono nato io.

I calessi si possono paragonare alle auto utilitarie dei giorni nostri e, come ora, vi erano calessi più o meno di pregio. Il loro valore dipendeva molto dalla carrozzeria che li produceva. Oltre all’estetica accattivante possedevano degli accorgimenti tecnico-pratici che li rendevano più sicuri ed anche più comodi nei percorsi su strade a volte non molto agevoli. Una particolarità dei calessi pistoiesi erano le ruote a raggi sfalsati nella congiunzione con il mozzo, piacevole alla vista, ma con un dettaglio funzionale molto importante. Il mozzo è una parte della ruota ove si scaricano le sollecitazioni, a volte molto forti quando si finisce in una buca o ci si scontra con una grossa pietra. I raggi sfalsati permettono di scaricare le forze di scontro non su un’unica linea, ma di distribuirli su due, rendendo in tal modo meno vulnerabile il mozzo.

 

 

Il quadro che vediamo attribuito a Pellizza da Volpedo è titolato “Il Calessino”, (1905/06) olio su tela 27 x 38 da una Collezione privata. Questo calessino fabbricato a Pistoia era noto in famiglia come “e pistuièn” e nel dipinto vediamo Pellizza da Volpedo con le figlie sul calessino.

 

Anche il grande pittore Pellizza da Volpedo possedeva un calesse pistoiese che attaccava ad una cavalla bardigiana di nome Hidra. Lo utilizzava per trovare i luoghi agresti da immortalare nei suoi quadri, oppure per dipingere il sole. Si recava sulle colline tortonesi con il calesse e quando le strade non lo permettevano, sempre con Hidra, andava a sella. Dalle bozze che il pittore ha tracciato abbiamo potuto appurare, proprio dalla particolarità delle ruote, che si trattava di un calesse pistoiese, poi acquistato, dopo la morte del Pellizza, da una nota famiglia volpegliese. Purtroppo si sono perse le tracce del “pistuien”, come veniva chiamato in dialetto questo tipo di calesse, mentre siamo stati più fortunati con la sella, ritrovata in paese, sempre presso una famiglia del luogo che l’ha acquistata dagli eredi e conservata con molta cura. Si tratta di una sella chiamata bardella molto in uso sui nostri Appennini. Siamo riusciti ad identificarla sempre grazie alle bozze che ci ha lasciato il nostro grande artista le quali riportavano intarsi artigianali del cuoio molto particolari ed unici.

 

Questi bozzetti sono stati stilati direttamente dalla mano del pittore Pellizza da Volpedo e ringraziamo per la gentile concessione l’Emerito Professore Universitario Ettore Cao ex Presidente della Fondazione “Pellizza da Volpedo” il quale ai giorni nostri, dedica anima e corpo alla ricerca di informazioni e testimonianze sul celebre pittore.

 

Vorrei soffermarmi brevemente sulla cavallina Dora posseduta all’epoca dal mio nonno: l’ho identificata come appartenente alla sotto-razza bettolese, derivata dalla razza bardigiana. Dalle ricerche effettuate, si deve ritornare alla seconda metà del Settecento, quando un nobile di Bettole di Piacenza acquistò uno stallone di razza araba e fece fecondare parecchie cavalle bardigiane locali. Questo cavallo si rivelò un vero razzatore, in quanto fissò i suoi caratteri nella propria prole. Sono nati cavalli con un’ossatura leggera, con occhi molto grandi, muso leggermente camuso, tutte tipicità dell’arabo, ma anche qualche carattere non proprio positivo, come l’eccessiva nevrilità ed una leggera riduzione della taglia. Nel 1990, in un’esposizione equina tenutasi a Cabella Ligure, alta Val Borbera (AL) dove fui contattato come giudice, ho potuto vedere, credo, l’ultimo stallone di questa sotto-razza, molto bello e con una tipicità non comune; peccato che, pur non dimostrandoli, aveva 27 anni e da quel momento ho perso ogni traccia di questi bellissimi cavalli.

 

Gian Carlo Bina è anche proprietario e appassionato guidatore del suo splendido e bravo cavallo di razza “Frisona” ma … vediamolo in azione.

https://www.carrozzecavalli.net/2017/01/teniamo-in-vita-le-antiche-tradizioni-sono-la-nostra-storia/