“Giorgione”: non c’è limite alla forza del sapere
testo di Giuseppe Angiulli
Nel periodo natalizio del 2020 ci ha lasciati Giorgio Valsecchi.
La sua sembra una storia tratta da qualche libro, ma è solo la storia della vita di una persona che da agricoltore ha saputo virare la propria vita nel panorama infinito della cultura. “Giorgione” – così era conosciuto nell’ambiente -, classe 1938, un uomo dedito all’agricoltura e all’allevamento, ha saputo trasformare la sua passione in arte, sì proprio così.
Erano gli anni settanta ed ecco la svolta. La prima carrozza, le prime sfilate e quando improvvisamente gli si prospetta la possibilità di far parte della scenografia di un film, non si perde d’animo, accetta la sfida ed inizia un nuovo percorso di vita.
Senza mai abbandonare i suoi animali capisce che è il momento di mettere a frutto la sua capacità di interagire con loro e di addestrarli per metterli a disposizione della settima arte, quale il cinema, il teatro e tutti quei momenti dove gli animali possano essere utilizzati per riproporre scene bucoliche.
Inizia quindi la certosina opera del collezionismo, recuperando quel materiale che può essere utile alla cinematografia ed al teatro; sono i tempi in cui la meccanizzazione ha preso il posto della trazione animale e lui con tanta pazienza e perseveranza cerca tra cascine e rimesse tutti quei mezzi che hanno fatto parte della quotidianità sino alla seconda guerra mondiale.

(da Reporting the World Over)
Alla ricerca segue il recupero di questi mezzi con un restauro tale da dare una nuova vita a tutto quello che sta recuperando e con la sua voglia di sapere riesce a curare i restauri in modo maniacale, anche perché l’occhio della cinepresa nella cinematografia e l’occhio del pubblico in teatro sono giudici inflessibili. La sua partecipazione ad una moltitudine di film ed una infinità di opere teatrali fa di lui uno dei massimi interpreti di questa arte. I teatri dove ha presentato i suoi animali, che fossero essi cavalli, pecore, buoi, asini o muli, insieme alle sue carrozze, carretti, bighe, slitte sono tanti e non solo in Italia, ma anche all’estero. Personalmente, le nostre vite si sono incrociate solo telefonicamente nel 2007, quando, in occasione di un concorso di tradizione, vidi comparire alla Lodovica in quel di Oreno di Vimercate un paio di buoi attaccati ad un carroccio: era il “Giorgione” che entrava in campo seguito da un piccolo gregge di pecore.
La testimonianza di Valerio Capelloni raccolta da Ermes Dall’Olio
A testimoniare l’attaccamento alle tradizioni e alla passione sviscerata per il mondo delle carrozze e dei cavalli, ecco un commovente annedoto raccontatato dall’amico Valerio Capelloni:

(da Reporting the World Over)

interessante intervista a Giorgio Valsecchi effettuata nel 2002 https://youtu.be/Wd6DHoKZi8w
Qualche nota biografica della Redazione
Personaggio talvolta “roccioso” come l’ambiente in mezzo alla natura incontaminata sopra Erba, al Pian del Tivano nel comune di Sormano, a 1000 metri di altezza, dove viveva insieme ai suoi tesori: gli animali e le sue raccolte. Qui amava inebriarsi del profumo del cuoio, della pelle, del legno vecchio. Ha lavorato per oltre 45 anni con la Scala di Milano, ma anche con l’Arena di Verona: non c’era rappresentazione della Manon Lescaut o dell’Aida dove non fosse coinvolto. Inoltre ha preso parte in varie produzioni RAI, a cominciare dai Promessi Sposi nel 1978, a cui lavorò per nove mesi con una moltitudine di animali al seguito. Fu in quell’occasione che impiegò tra gli altri un carretto con molleggio su cinghioni di cuoio (quando le balestre non erano ancora state inventate) perfettamente compatibile con quello usato da Lucia per tornare a casa dopo la liberazione dall’Innominato. Nei suoi ricordi più cari anche la partecipazione a Portobello con l’intramontabile Enzo Tortora. In quanto al settore cinematografico, sua la collaborazione per il lancio del film “ll Gladiatore” con Russel Crowe, che lo portò a sfilare per le vie di Milano in costume su una biga romana, entrambi fedelmente riprodotti, o ancora il contributo ad alcuni lavori con Zeffirelli ed altri grandi registi.

“Giorgione” Valsecchi con un antico biroccio (da Reporting The World Over)
Aveva fatto solo la quinta elementare, ma la sua scuola erano stati da una parte gli animali, con i quali diceva di avere molto più feeling che con gli umani e dall’altra gli anziani che avevano lavorato coi cavalli, che non si stancava di ascoltare muto per giorni. Alle scolaresche o ai curiosi che andavano a trovarlo sapeva raccontare tante storie legate a questo o quel mezzo a trazione animale, dalla carrozza, al carretto, dalla biga, alla slitta – e di modelli da cui prendere spunto ne aveva una quarantina. Era tutto un rincorrersi di ricordi, dal carretto siciliano della Cavalleria Rusticana, quando arriva Compar Alfio, alla brisca, identica a quella della Principessa Sissi, dal cavallo bianco del “Crepuscolo degli Dei”, all’asinello de “I pagliacci”, alla mucca che compariva nella pubblicità di un famoso cioccolato. Tutto questo ben di Dio non lo aveva ereditato: se l’era cercato e comprato lui e ci aveva messo l’amore per farlo rinascere, lui insieme alla compagna della sua vita per oltre 50 anni, la moglie che con lui conduceva l’azienda agrituristica “La Conca d’Oro – Allevamento Cavalli” e la cui perdita poco più di un anno fa lo aveva colpito profondamente. Ora non gli rimanevano che gli animali e i tanti oggetti raccolti, conservati gelosamente e amati.

Una piccola parte dei “tesori” di Valsecchi davanti alla sua azienda agrituristica “La Conca d’Oro”
Quando gli si chiedeva quale fosse il suo segreto, rispondeva semplicemente che la sua non era una passione, ma un vero amore. E questo fa la differenza.