“EPOREDIA” La città dei cavalli. La Tradizione
Anche quest’anno al 6 gennaio, (non c’è niente da fare) gli Eporediesi al risveglio, hanno udito il primo Pifferaio intonare le arie d’attacco delle suonate ed il Tamburo maggiore dare il ritmo ai pifferi annuncianti per le vie della città l’inizio gioioso del carnevale. Illusione? No! Nel pieno rispetto delle disposizioni governative la tradizione non è stata negletta: dal civico teatro Giacosa i musicanti nelle loro verdi e rosse divise hanno fatto pervenire alla cittadinanza tutta via streaming “pezzi” d’ordinanza (ad ogni rituale carnascialesco corrisponde una particolare suonata delle 32 in repertorio).
L’annullamento per rescriptum principis (leggasi DPCM) della manifestazione ufficiale, ne sono sicuro, ha fatto idealmente ripercorrere agli eporediesi, quasi a compensazione, le vicende storiche di cui la città è degna erede.
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EPOREDIA la tradizione e la sfilata di carrozze
Testi di Renato Bruzzone
Eporedia trae, per alcuni studiosi la propria etimologia dal greco ippos (cavallo) e dall’attributo “regia”, regia città dunque di cavalli. Fors’anche perché, secondo taluni paleontologi in epoca remotissima, dall’est europeo vi furono migrazioni di equini verso ovest e di ciò vi sarebbero indubbie vestigie a conferma. Data la sua importanza, nei “Marmora taurinensis” si legge: “Eporedia clarissima ed antiqua urbs, Salassorum caput” (Vol. VIII). In epoca romana infatti Eporedia era l’ultimo avamposto prima della perigliosa traversata verso le Gallie e quindi, luogo di stazionamento dei cavalli con conseguente sviluppo delle attività artigiane ad essi connesse quali sellai, boriglieri, maniscalchi, mestieri che si sono perpetuati sino ai giorni nostri con non indebiti riconoscimenti internazionali. Mentre in altre parti d’Italia l’avvento della meccanizzazione ha posto nell’oblio i nobili destrieri, ad Eporedia, sia per la sua storia, sia anche per il carnevale, l’irrompere del motore a scoppio non ha sopraffatto l’afflato d’interesse millenario. Gli eporediesi, consapevoli della grande eredità loro pervenuta, negli anni, hanno saputo, talvolta non senza sacrifici, mantenere vivo un evento che altrimenti, come altrove avvenuto, sarebbe andato irrimediabilmente perduto.
Di ciò è testimone la festa patronale di San Savino in cui la rassegna equina e le folcloristiche contrattazioni precedute dalle esibizioni d’andatura, hanno mantenuto tutto il sapore delle antiche fiere oggi scomparse e quindi inestimabile valore del tempo che fu. Il senso di appartenenza della comunità a questa tradizione traspare non solo nelle manifestazioni ufficiali ma anche nei “riti” cari agli eporediesi, della preparazione dei cavalli nei giorni precedenti l’uscita pubblica. Si può dire che non v’è cascina o scuderia o circolo ippico che non sottostia al culto dell’approntamento degli animali con perfette ferrature, toelettature degne di serate di gala, minuziosa pulizia dei finimenti tal quali gioielli di famiglia e, manco a dirsi, alla generosa degustazione di vini e dolci della tradizione canavesana, tutti riti questi a corollario della presentazione ufficiale tuttavia non meno significativi dell’evento stesso e che dovrebbero esser maggiormente valorizzati attesa la loro preziosa unicità…

I “Cavallanti” alle redini lunghe intenti a esercitare i cavalli nei campi …
Unicità come la carnascialesca battaglia delle arance che enfatizza sì la cromatica tenzone, ma che pone al centro sua maestà il cavallo, oggetto per l’occasione di laboriosissimi accordi per poter così formare le più nobili pariglie ed i più possenti tiri a quattro – oh pardon, sono eporediese – le più possenti quadriglie! Pertanto non è raro nei dintorni di Eporedia scorgere durante tutto l’anno “cavallanti” alle redini lunghe intenti ad esercitare i cavalli nei campi e nei passaggi più difficoltosi per poi ben figurare nelle manifestazioni cittadine. L’inconsueto spettacolo rapisce chi, forestiero, per caso transita e se ne meraviglia avendo sempre creduto “quel” mondo scomparso per sempre. Ma ad Eporedia quella ricchezza che ha il nome di memoria affascina ancora! Un culto “quello” del cavallo, un sentire antico che ha il suo culmine nella emozionante sfilata notturna di carrozze d’epoca del venerdì antecedente la fiera, domenicale.
Fin dal primo pomeriggio si percepisce un insolito fermento, un’animazione laboriosa là dove si può “attaccare”, attorno la città, cavalli guardinghi nel discendere le rampe, garzoni con collier a tracolla e tirelle penzolanti s’affrettano, gli ottoni delle carrozze luccicano … uno spettacolo! Poi al trotto sonoro via per far sgambare i nobili destrieri. Qualche legno imbocca via Palestro, raggiunge piazza di città, ritorna, ammirato, come sempre… A cornice della sfilata notturna, tempo fa gli “Amis ad Piassa ‘dla Granaja” hanno voluto far rivivere nel cuore di Eporedia il passeggio d’un tempo e l’animato traffico ottocentesco, dinanzi ad ogni bar, nelle vie e in ogni piazza un tavolino riservato attendeva i privilegiati avventori giunti in carrozza per il cocktail pomeridiano deliziati dal suono accogliente di un violino, di una chitarra o di una fisarmonica. Altri personaggi seduti sui cocchi, interpretando la spocchia della borghesia e della nobiltà d’antan hanno deliziato i passanti incuriositi per l’inconsueta rappresentazione. L’iniziativa ha avuto un grande riscontro di complimenti ed è un vero peccato che non si sia più ripetuta, però un giorno chissà…

L’imponente Break da Caccia
Dando ambizioso sfogo alla passione per gli attacchi all’imbrunire Gig, Landau, Brougham, Phaeton, Break, Vittorie, Milord, Militari, Pistoiesi, Dog Cart, Tonneau ed altre carrozze ancora, imboccano via Cuniberti verso piazza Castello e già nella salita si intravede l’innato spirito di competizione dei cavallanti eporediesi fieri di percorrere l’acciottolato in scioltezza, senza esitazione alcuna come fazzoletto di seta tolto dal taschino con fare garbato. Qui, come fossero al cospetto del Conte Verde, tiri singoli, pariglie, tandem, quadriglie sopraggiunte con l’impeto di giovani amanti, si posizionano in ordine sparso sotto il dominante maniero dalle “rosse torri” fino ad empire la piazza tutta. Il colpo d’occhio è incomparabile, e, sia consentito dirlo, solo in Eporedia ad un tal spettacolo è dato assistere. Allorchè le luci del tramonto a mano a mano svaniscono, le fiammelle dei fanali appaiono sempre meno flebili generando di quando in quando un lampo argenteo sul morso di qualche cavallo irrequieto tenuto però a bada, con mano ferma dal cocchiere che, con malcelata indifferenza si compiace della nevrilità del proprio destriero.
Il parterre si anima all’inverosimile, la folla che a stento riesce a passar fra carrozza e carrozza, ammira ora quel legno con lo stemma nobiliare ora la toeletta di quella signora il cui parasole ricamato, civettuosamente ostentato, pare filtrare i raggi della luna. Si ode qua e là un nitrito, uno scalpiccio, un raspar di zoccoli impazienti, il cigolio reveniente della Charrette del solito ritardatario, c’è chi affibbia ancora una briglia, chi saluta con sussiego dall’alto della serpa e la giovinetta sul Duchino che s’accomoda il trucco e dà un’ultimo tocco al ricciolo biondo fuoruscente dal cappellino per esser ammirata nella tanto desiderata sfilata in città.
Ad un cenno il via, le carrozze, composte, che paiono sfilare per interrogare chi le osserva, discendono per via Varmondo Arborio, ed è qui che si evidenzia vivida la vocazione degli eporediesi per il più nobile degli animali: folla plaudente, cocchieri, maitre, giovinetti (tanti) ed anche sempre più il gentil sesso alla guida, tutti, ma proprio tutti a celebrare all’unisono sua maestà il cavallo. Nelle vie della città un susseguirsi di legni molti “firmati” (e quindi fabbricati da famosi carrozzieri) riporta la gente a rimpiangere, forse, il tempo antico; la musicalità battente degli zoccoli anche quando sul pavé lo scalpiccio diviene più ferrigno fa loro sognare… Il gran finale sul lungo Dora presidiato dallo speaker che commenta i singoli legni: denominazione, origine, colore dei vari casati, bellezza dell’attacco nel complesso per finimenti, razza dei cavalli, maestria della conduzione, comportamento dei groom là dove la tradizione lo richiede, armonia dell’equipaggio, ritualità del saluto. Le autorità cittadine di volta in volta sono chiamate a premiare carrozze e cavalli veri protagonisti di una rassegna la cui grandezza, come detto, affonda le proprie radici nella storia millenaria della città e la cui spettacolarità, sempre autentica ma, mai identica, meriterebbe ben più ampia conoscenza internazionale soprattutto in epoca di forti, necessari connotati ecologici.