Testi e foto su gentile concessione di Federico Bianchino per Navigli Reloading

 

Ti sei mai chiesto come navigavano i barconi senza motore che scendevano e risalivano i nostri Navigli?

I barconi, che si distinguevano a seconda delle dimensioni (cagnone, mezzane, borcelli o mangani) discendevano i Navigli utilizzando la corrente acquatica, sfruttando quindi la pendenza del canale.

Molto spesso, nel Novecento, le imbarcazioni che navigavano sul Naviglio Grande partivano dalle cave di sabbia o ghiaia poste lungo il canale e arrivavano fino in Darsena a Milano.

Sul Naviglio Pavese invece, oltre alla sabbia (la rena in milanese), si trasportavano soprattutto prodotto caseari come formaggi o latticini, che giungevano in città dall’Oltrepò. Molto spesso i naviganti, per non pagare il dazio in Darsena, si fermavano pochi metri prima, nel Bordo di San Gottardo, detto anche il “Burg dei furmagiatt

Risalire il canale invece era più complicato, in quanto, essendo senza motore, dovevano esser trainati da cavalli, asini o altri animali da tiro, come i buoi, ai quali veniva legata una fune, detta alzaia (scopri perchè si chiama così) per trainare l’imbarcazione fino al punto di partenza.

Traino del “Barchett de Boffalora” lungo l’alzaia del Naviglio Grande

Durante il percorso vi erano inoltre numerosi stallazzi, osterie e “poste di cavalli“, luoghi in cui i barcaioli potevano riposare e fare il cambio di cavalli (o asini).

Solamente dagli inizi del Novecento i trattori sostituirono i cavalli, capaci di trainare anche convogli di più imbarcazioni.

 

Il metodo di navigazione

I barconi antichi venivano guidati con pertiche e col timone, ovvero un remo molto lungo fissato a poppa dal lato destro (chiamato per questo “bordo dello sterzo”, ovvero “ster-bord, tribordo, oggi “dritta”).

Il Ponte dello Scodellino in una raffigurazione dell’800. Autore Ignoto

Governare una barca era molto difficile, soprattutto durante le curve ed l’attraversamento dei ponti: tutte le sponde erano quindi rinforzate con grossi pali di legno, chiamati “briccole”, in modo che le chiatte potessero appoggiarsi senza causar danni.

Fu proprio Leonardo da Vinci a consigliare ai barcaioli di allungare la pala del timone di ben due metri per aumentarne l’efficacia.

Ogni barca possedeva una “licenza di navigazione”, con il relativo numero di matricola rilasciato dall’ispettorato della Motorizzazione Civile, attraverso il quale si poteva risalire al proprietario e alle caratteristiche del natante.

Spesso inoltre, le chiatte avevano appiccicato o dipinto sullo scafo frontale dei cerchi colorati: questi stavano ad indicare la cava di provenienza.

Chiatta che trasporta sabbia lungo il Naviglio Grande (1950 circa)

 

Le imbarcazioni dei Navigli

le barche che navigavano in Ticino e sul Naviglio Grande erano di tre tipi:

  • Cagnone: lunghe 25 metri e larghe 4,75m con pescaggio massimo a 0,80m, portavano da 45 a 50 tonnellate, interamente scoperte e solo munite di una lunga pala o timone per dirigerle
  • Mezzane (o ossolane) di dimensioni un po’ minori rispetto e della portata circa di 30 tonnellate
  • Borcelli (o Battelle) che si usano particolarmente per complemento o per servizio diretto della navigazione e dell’attiraglio, della portata massima di 20 tonnellate
  • Mangano (o barcone pavese) lungo dai 26 ai 30 metri e massimo 5m in larghezza, con portata massima (in Ticino) di 100 tonnellate. Pescava vuoto 30

Da dove deriva la parola “alzaia” e perché le strade che affiancano i Navigli si chiamano così?

Quante volte ti sarà capitato di passeggiare fianco a fianco del Naviglio Grande a Milano, tra negozietti e ristoranti, sull’Alzaia del Naviglio Grande, oppure andare in bicicletta sulle piste ciclo-pedonali che costeggiano il Naviglio Pavese o il Naviglio Martesana, realizzate lungo “l’Alzaia del Naviglio Pavese” e “l’Alzaia del Naviglio Martesana” e così via per tutte le piste ciclopedonali dei Navigli milanesi.

Pieno di curiosità, ti sarai fatto un po’ di domande, come: “Perché si chiamano tutte “Alzaia“?” “Cos’erano queste alzaie e a cosa servivano?” E ancora, “Perché ogni naviglio ne ha una?!”

Beh, se vuoi conoscere la risposta a tutte le tue domande, continua a leggere…

Storia e significato

Le Alzaie sono delle strade molto importanti che fiancheggiano tutti i 5 navigli milanesi e venivano utilizzate per trainare le imbarcazioni controcorrente lungo i vari Navigli, con l’utilizzo di cavalli, asini, buoni ed altri animali da tiro.

Ma cos’era l’alzaia? L’alzaia era proprio la fune che si usava per trainare le imbarcazioni: un’estremità veniva legata alla barca, l’altra all’animale da tiro (spesso cavalli) che venivano molte volte trasportati in barca durante la discesa sul canale.

Il cavallo da tiro trasportato sul Barchett de Boffalora per utilizzarlo in seguito per trainare la barca controcorrente

Il traino era certamente molto faticoso per questi animali, tant’è che spesso venivano chiamati i “cavalli dell’apocalisse”, in quanto ricordavano il cavallo scheletrico del cavaliere della morte, raffigurato nel celebre quadro di Victor Vasnetsov nel 1887.

Tuttavia, dagli anni ’30 del ‘900, ai cavalli si sono sostituiti i trattori: pensa che per trainare fino alle cave una carovana di 5 barche bastava un solo trattore.

Il nome ALZAIA infatti deriva dal latino helciarius  e significa «chi tira la barca» (da helcium «giogo per tirare», tratto dal gr. ἕλκω «tirare»).

I Navigli come idrovie commerciali

Avrai sicuramente già letto da qualche parte dell’importanza commerciale di questi canali durante il medioevo e fino agli anni del secondo dopoguerra, quando la Darsena era il 13° porto commerciale d’Italia per tonnellaggio merci.

Il trasporto fluviale era infatti più sicuro (in questo modo si evitava di incorrere in briganti e malviventi) e più efficace rispetto al trasporto via terra, per via dell’enorme quantità di merci che le chiatte potevano trasportare.

I barconi infatti potevano trasportare circa 200 tonnellate l’uno, quasi quanto circa 5 autotreni.

Tuttavia, se il viaggio costava relativamente poco, le spese di manutenzione delle sponde e dell’intero sistema divennero insostenibili e con l’arrivo dei TIR, fu preferito il trasporto su gomma.

Solco lasciato dalle funi sul granito del corrimano sul Naviglio Grande, prima del Ponte dello Scodellino

L’ultimo barcone attraccò in darsena il 30 marzo del 1979, da allora si assisterà ad un lento decadimento del Sistema Navigli, che durerà fino agli anni 2000.

Le alzaie, quindi, ebbero sin dall’inizio un carattere pubblico per cui appartennero allo Stato di Milano, poi al Reale Genio Civile, alle Regioni (1970) e, oggi, sono in carico all Consorzio di Bonifica Est Ticino Villoresi che gestisce anche le acque dei Navigli milanesi.

Curiosità

Se osserverai le alzaie con occhio attento, noterai subito che gli edifici che si trovano su questo lato del naviglio sono più antichi e molto spesso sono ormai ruderi o vecchie cascine che affacciano sulla campagna circostante.

Questo perché l’alzaia era appunto la strada di servizio, dove erano posti i vari magazzini addetti al carico e scarico delle merci; la città infatti si sviluppava lungo la sponda opposta, detta “Ripa” (ovvero riva).

Destra e sinistra orografica

Per individuare la destra e la sinistra orografica, si dà le spalle alla direzione dalla quale proviene il flusso dell’acqua (per esempio la sorgente o l’incile).

Di conseguenza, la destra orografica sarà quindi la parte alla tua destra, mentre l’altra parte sarà la sinistra orografica.

 

Avvincente tutta la storia che circonda i Navigli Milanesi, vero? Ecco la proposta del giovane ricercatore, guida, nonché autore di questo articolo.

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Fonte: 
– Navigli Lombardi “C’erano una volta i Navigli”.
– Naviglio di Pavia 1819-2019″ di Pier Vittorio Chierico.