“Il mirabile segno del presepe, così caro al popolo cristiano, suscita sempre stupore e meraviglia” inizia così la “Lettera apostolica Admirabile Signum” di Papa Francesco sul significato ed il valore del presepe. La voglia di mantenere in vita questi valori, accompagnata da tanta passione, ha contagiato anche appassionati di cavalli e attacchi in genere i quali presso i loro spazi espositivi, sia pubblici che privati, hanno voluto trasferire la loro passione e la loro creatività anche ai visitatori occasionali di questo dicembre 2019. Siamo andati a fare visita ad alcuni di questi cultori delle antiche tradizioni che ci hanno fatto vedere qualcosa di insolito e curioso. Sulla sacra rappresentazione è stato detto molto e tenteremo di dirvi qualcosa in più nel vero senso della parola. Spenderemo anche due parole sugli animali ed i loro lavori del tempo, considerato che senza il loro prezioso contributo tutti gli imperi sarebbero stati di brevissima durata.

 

 

Affresco originale e ricostruzione a fianco situata nelle catacombe di Santa Priscilla

 

Il Natale nella tradizione cristiana ricorda la nascita del Messia.

E’ credenza antichissima e diffusissima che nei giorni d’inizio di un ciclo annuale tutte le forze soprannaturali acquistino una potenza straordinaria. Così il 25 dicembre nel mondo germanico era celebrata la festa solstiziale (il passaggio da un ciclo stagionale all’altro) di Yule. In quello stesso periodo, precisamente dal 17 al 23 dicembre, gli antichi romani celebravano i Saturnalia, un periodo di assenza di guerre e lotte sociali per feste e banchetti: in questi sette giorni, celebrando il dio Saturno (divinità dell’agricoltura) la popolazione si dava alla pazza gioia e ci si scambiavano dei doni. Nel 274 d.C. l’imperatore Aureliano proclamò il 25 dicembre festa del Sole, o meglio, Festa della Vittoria del Sole (Dies Natalis Solis Invicti) già festa di antichissime origini egiziane, legata al culto di Mithra, divinità connessa alla luce e alle tenebre. Il motivo per cui la festa del Sole si celebrava in inverno anziché in estate, come sembrerebbe più logico, è semplice: il 25 dicembre cade pochi giorni dopo il solstizio d’inverno, cioè quando le giornate già cominciano ad allungarsi. Anche il Natale presenta tutti i caratteri e le manifestazioni dei giorni che segnano l’inizio di un ciclo. La data del Natale nel calendario cristiano fu stabilita nel 337 d.C. da papa Giulio (in Occidente si festeggia il 25 dicembre, mentre i cristiani d’Oriente lo festeggiano il 6 gennaio). Prima di questa data non sembra che sia stata conosciuta una festa della natività del Cristo. La festa del 25 dicembre sarebbe stata istituita da papa Giulio per contrapporre una celebrazione cristiana a quella mitraica del Dies Natalis Solis Invicti. L’intenzione del pontefice fu quella di contrastare i culti pagani.

IL PRESEPE

In Italia il culto cristiano delle statue approdò probabilmente con l’arrivo dei monaci orientali dell’ordine di san Basilio, scacciati, assieme agli artigiani che costruivano queste statue, dall’imperatore d’Oriente Leone III, che combatteva il culto di immagini sacre. La carovana esiliata si stabilì dapprima a Napoli, nella zona di san Gregorio Armeno. Tre sono i simboli più rappresentativi del Natale: il Ceppo, l’Albero e il Presepe. La prima vera rappresentazione della Natività si ritrova nell’affresco delle catacombe di Santa Priscilla (siamo nel II sec. d.C.) che raffigura la Madonna con in grembo il Bambinello, per la presentazione ai re magi. Accanto si trova un uomo, forse san Giuseppe o, forse, il profeta Isaia, mentre in alto compare una stella ad otto punte.

Il Presepe è il simbolo del nuovo che nasce e che cancella il vecchio, allora … ”se nel Presepe contempliamo Colui che si è spogliato della gloria divina per farsi povero, spinto dall’amore per l’uomo” (messaggio Urbi et Orbi di Giovanni Paolo II del Natale 2003) seguiamo quest’esempio allontanando questo mondo dall’odio, dalla violenza, e dall’egoismo, e cerchiamo di costruire un Presepe innanzi tutto nel nostro cuore per far nascere l’uomo nuovo.

Sintesi dell’articolo di RENZO PATERNOSTER che troverete in versione completa a questo Link: http://win.storiain.net/arret/num122/artic7.asp

 

 

Nuovi attestati di merito per le eccellenze della città del grano e del vino.

Due sono infatti i prestigiosi premi riconosciuti a Renzo Paternoster. Laureato in Scienze Politiche (indirizzo economico-internazionale) e componente del comitato scientifico della rivista accademica “Filosofia e Politica. Rivista di studi filosofici, politici e sociali”, il gravinese classe 1965 è anche redattore di “Storia in Network” e autore di ben 92 saggi brevi.

https://www.gravinalive.it/news/attualita/724015/due-prestigiosi-premi-per-lautore-gravinese-renzo-paternoster

 

 

 

 

 

UNO SPAZIO “A NOLEGGIO” PER IL VOSTRO PRESEPE ARTISTICO

 

 

Questa singolare iniziativa che sta risquotendo un discreto successo da alcuni anni a questa parte, è opera di Romano Segurini, Direttore del Museo Etnico Sgurì di Savarna (RA). Negli spazi del suo Museo dove è racchiusa la storia delle tradizioni popolari contadine della Romagna del secolo scorso, anche in questo 2019 in occasione delle festività natalizie il signor Romano predispone spazi gratuiti per ospitare artisti o semplici appassionati che desiderano mettere in mostra e fare vedere al pubblico le loro rappresentazioni presepiali. Come detto in precedenza questi piccoli capolavori sulla Natività convivono perfettamente con calessi, carri e birocci esposti a poca distanza dalla capanna con la Sacra Famiglia.

 

Sullo sfondo invece che il cielo stellato troviamo San Giorgio che uccide il drago, dalla decorazione di un carro Romagnolo

 

La parte posteriore di un carro Romagnolo sostituisce la stella cometa; sotto una bella Natività in ceramica

 

In alto alcune immagini dipinte o scolpite che decoravano i carri, sotto l’ultimo arrivo in ordine di tempo, un Plaustro firmato “Borghi” datato 1843

 

Una occasione da non perdere la visita a questo interessante Museo che raccoglie al suo interno anche 45 originali calessi romagnoli e bolognesi. Per info. www.museoetnosguri.it   Tel. 0544.533 609

Museo Etnografico Sgurì – Via degli Orsini 4 – Savarna – RA

 

 

Da un Museo Etnico molto conosciuto e ricco di iniziative durante tutto l’anno, passiamo ad un Museo meno conosciuto ma non per questo meno importante.  Qui troviamo testimonianze di presepi “poveri”, realizzati con tanta passione e tanta fede da chi possedeva altrettanta … miseria!  Visitiamo il Museo della Religiosità Popolare.

 

La costruzione dell’attuale chiesa risale al 1803-1814, ma all’interno è conservato un Battistero antecedente l’anno 1000, unica testimonianza dell’antichissima Pieve

 

L’interno della Pieve di San Giovanni in Triario nel comune di Minerbio e sede del Museo della Religiosità Popolare. Una volta all’anno il Lunedì dell’Angelo viene celebrata la Santa Messa e la Giornata Missionaria aperta a tutti i fedeli

 

Tanti i presepi esposti e importanti sculture di noti artisti come Pellegrini e Lilo Cassano

 

I tre spazi con pannelli illustrativi e quadri sono titolati ai tre valori fondamentali e punti di riferimento dei credenti: La Persona, La Famiglia e La Parrocchia

 

UN MUSEO UNICO NEL SUO GENERE:

IL MUSEO DELLA RELIGIOSITA’ POPOLARE”

Anche in questo museo abbiamo trovato interessanti rappresentazioni di presepi e una infinita serie di oggetti che si richiamano al culto della religione cattolica ambientato non solo nelle campagne ma anche nella vita di tutti i giorni. Va poi ricordato che fino alla fine dell’800 e proseguendo nei primi anni del ‘900 quasi l’80% della popolazione italiana era occupata nell’agricoltura e nel suo indotto, e per conseguenza logica i tanti Musei della Civiltà Contadina sparsi in Italia si richiamano ai lavori svolti dalla maggioranza della popolazione del secolo scorso. Infatti come ci racconta l’attuale Direttore del Museo della Religiosità Popolare; Dott. Cesare Fantazzini “inizialmente si era pensato ad un accorpamento di tanti oggetti affini alle tradizioni religiose cattoliche, con atri oggetti tipicamente inerenti il mondo del lavoro agricolo situati in altri musei, ma purtroppo privi di quei segni religiosi che rappresentavano una parte importantissima della vita contadina dei tempi passati. Prese così corpo l’idea di creare una istituzione museale autonoma in ambito ecclesiale: fu così che il 16 aprile 2001 Mons. Stagni inaugurò ufficialmente il Museo della Religiosità Popolare situato all’interno della Pieve di S. Giovanni in Triario in loc. Minerbio.”

 

Nelle due immagini a sin. troviamo due presepi “poveri” realizzati con figurine disegnate su carta che successivamente venivano colorate dai bambini, un passatempo educativo e per quei tempi anche divertente

 

Nel museo sono presenti numerose “Oleografie” a detta di tanti, veri e propri capolavori come il “Tradimento di Giuda” di Adolf Schmitz (1825-1894)

 

Cesare Fantazzini, Direttore del Museo, ci mostra in esclusiva dalla sua collezione privata le tre statuine dei Re Magi, facendoci notare che uno di loro era sopra un cavallo.

 

 

Quali obbiettivi sono stati portati avanti da questo Museo nel corso degli anni? Continua il discorso il sig. Fantazzini spiegandoci che “la ricerca delle proprie radici cristiane ed umane, salvaguardando le testimonianze popolari degli ultimi secoli, comprese le più recenti, è stato l’obbiettivo costantemente presente nei fondatori di questo singolare museo. Inoltre, l’acquisizione e lo studio di tali elementi diventa indispensabile per intraprendere un serio aggiornamento dell’attività catechetica dei nostri giorni. In questi anni il museo è stato visitato, con positivi apprezzamenti, dai Cardinali Arcivescovi di Bologna Giacomo Biffi, Carlo Caffarra e Matteo Maria Zuppi, dall’Arcivescovo di Modena, Mons. Benito Cocchi, dal Vescovo di Imola, Mons. Tommaso Ghirelli, dal Vicario Generale di Bologna, Mons. Giovanni Silvani e da numerose altre personalità del mondo della cultura e dell’arte.  Mons. Ernesto Vecchi, Vescovo Ausiliare e Vicario Generale, il 5 aprile 2010 ha inaugurato i nuovi spazi espositivi. Particolarmente interessante la raccolta dei cartelloni ad uso scolastico per l’insegnamento del catechismo e tante altre testimonianze dell’evolversi del costume religioso popolare, nella perennità del Messaggio Cristiano.”

 

Una raccolta completa di cartelloni illustrati per la spiegazione del catechismo nelle scuole di tanti anni fa. Molti di questi cartelloni furono realizzati da Giovanni Battista Conti nella prima metà del ‘900

 

Alcuni quadri furono dipinti dal parroco artista Don A. Malaguti che si dilettava a descrivere avvenimenti del tempo: in alto a destra San Fiacre protettore dei vetturini oggi divenuti taxisti

 

Sulla sinistra il classico esempio di “Altarino Domestico” presente in quasi tutte le case coloniche del bolognese del secolo scorso (oggi sostituito dalla televisione che ha un vantaggio in più: parla!)

 

La visita è molto interessante anche perché comprende oggetti veramente unici dei quali si è persa quasi del tutto la conoscenza. L’esempio lampante che abbiamo sotto gli occhi è rappresentato da una rarissima se non unica raccolta di cartelloni illustrati ad uso scolastico utilizzati nelle scuole del secolo scorso per insegnare ai ragazzi la religione cattolica. Alla luce delle ultime trasformazioni della società globalizzata con l’abolizione dell’ora di religione, il tentativo di eliminare il bambinello dal presepe e il crocifisso dalle aule, abbiamo seri dubbi che quelle artistiche e istruttive testimonianze religiose illustrate rivedano un domani la luce del sole!

 

I tre Santi protettori degli Agricoltori: a sinistra San Vincenzo Ferrer, a destra Sant’Antonio Abate e Sant’Isidoro Agricoltore

 

Molto ricca e importante la raccolta di Capoletto (stampe su tela)

 

 

E passiamo da un luogo da secoli aperto a tutti come l’antica Pieve di S. Giovanni in Triario ad una delle tantissime collezioni private presenti in Italia dove lodevoli e meritorie persone amanti dell’arte e della cultura recuperano e salvano da sicura distruzione e abbandono importanti pezzi della nostra storia.

 

Particolare del presepe in vetro di Murano dell’artista Badioli

 

PRESEPI ANCHE NELLE COLLEZIONI PRIVATE

Anche in questo caso, e senza fare nomi, abbiamo appassionati ed estimatori di carrozze, carri, finimenti e slitte che non disdegnano di preparare il presepe sempre in linea con l’altissimo e apprezzatissimo buon gusto che contraddistingue il collezionista di opere d’arte antica.

 

Nella prima immagine a sin. la Sacra famiglia della manifattura LLADRO, poi il presepe in vetro di Murano dell’artista Badioli e in basso un presepe della ceramica Nove, opera dell’artista Giuseppe Facchinello

 

A questo punto a qualcuno può venire in mente di chiedere come si viveva a quei tempi e come se la passavano uomini e animali. Vi anticipiamo che non è cambiato di molto il “sistema”: c’erano le bighe da corsa con quattro cavalli e oggi le auto blu con autista e la scorta armata, c’erano le nobildonne romane che facevano il bagno nel latte d’asina e oggi c’è chi dorme in macchina perchè Equitalia gli ha pignorato la casa, c’erano gli spettacoli cruenti con gli animali e … ci sono anche oggi!

 

 

 

La società al tempo di Gesù 

Al tempo di Gesù la Palestina era occupata dai romani. Al momento della sua nascita probabilmente tra il 6 e il 4 a.C., la Palestina era parte dell’impero di Augusto. Gli ebrei erano costretti a pagare le imposte ai romani. La provincia della Giudea era governata da un procuratore romano al quale dovevano fare riferimento i re giudei che detenevano il potere e che, per conservarlo, dovevano eseguire scrupolosamente le direttive di Roma. Quando nacque Gesù questo potere era nelle mani di un uomo solo, Erode il grande.

La società al tempo di Gesù era di tipo piramidale. Al vertice si trovava la corte reale che possedeva grandi palazzi ed un numero imprecisato di servi. Dopo questa si collocavano i rappresentati della classe ricca, proprietari di latifondi, grandi commercianti di vino, olio e frumento. In questa categoria possiamo inserire anche gli esattori delle tasse che raccoglievano le imposte per i romani traendo grandi profitti per se stessi. Più in basso nella piramide dobbiamo collocare la classe media composta da piccoli commercianti, artigiani che possedevano la propria piccola bottega, agricoltori e i pescatori della Galilea.

Infine c’erano i poveri che rappresentavano il gruppo più consistente a livello numerico. Essi erano lavoratori a giornata senza un lavoro stabile, che speravano di trovare padroni che al mattino avessero bisogno di loro per il lavoro dei campi, oppure per i trasporti o nelle botteghe.

 

L’allevamento del bestiame. 

  https://www.istitutoagrariosartor.edu.it/wp-content/uploads/2016/10/Agricoltura-romana.pdf

Ai bovini erano riservate le attenzioni maggiori, soprattutto per il contributo decisivo che davano nel lavoro dei campi e solo in parte per ciò che da essi si ricavava, dato che al latte e ai formaggi di mucca erano di gran lunga preferiti quelli di capra e pecora, per non parlare del burro usato quasi esclusivamente come un unguento balsamico; inoltre la carne di manzo veniva consumata meno di quella di maiale. Per usi agricoli erano allevati in gran quantità asini e muli, che venivano destinati anche all’esportazione; si rivelavano infatti indispensabili per i trasporti, per girare le macine e talvolta per tirare l’aratro; gli asini, poi, fornivano alle nobildonne romane il latte, nel quale facevano bagni rinfrescanti e tonificanti.

 

 

Anche i cavalli venivano allevati con molto profitto, seppure il loro utilizzo non era certo per fini agricoli; erano infatti richiestissimi dall’esercito e dal settore sportivo, perchè le corse con le bighe suscitavano un interesse enorme nell’antica Roma. Ovini, caprini e suini fornivano molti beni di prima necessità, latte, lana, carne per cui allevarli significava assicurarsi un reddito più che buono. Per quanto riguarda i volatili, ogni fattoria degna di questo nome aveva i propri “aviaria”, cioè il complesso delle voliere, dei recinti e degli edifici indispensabili per allevare galline, pavoni, tortore, oche, anatre, ma anche tordi, alzavole, e quaglie, che non mancavano mai nelle mense dei ricchi romani. Tali aviaria intorno al III-II sec. a.C. raggiunsero un livello di produzione che non è esagerato definire industriale. Ma nelle fattorie, o in prossimità di esse, si tenevano anche animali selvatici come lepri, conigli, cinghiali, caprioli, ghiri e perfino lumache, tutti destinati al mercato interno, di cui Roma città era la voce più considerevole con quasi due milioni di abitanti nel periodo di massima espansione.

 

 

Abbiamo visto una situazione non proprio rosea per gli umani, se uno nasceva nella culla sbagliata; stesso discorso per gli animali che non se la passavano meglio degli umani. In mancanza dei video-giochi con scene violente in video, anticamente i giochi erano “dal vivo” e rigorosamente in diretta. Chi era distratto o non prestava attenzione allo schiavo sbranato dal leone, non essendoci il replay, doveva attendere mesi per lo spettacolo successivo.

Il poeta Calpurnio Siculo ci ha lasciato il ricordo di uno splendido spettacolo, tradizionalmente datato all’epoca di Nerone, nel quale si videro emergere da una voragine spalancatasi nell’arena lepri bianche, babirussa, un alce, zebù, uri, bisonti, foche che combatterono contro orsi, ippopotami; e persino alberi. Per uno spettacolo d’un solo giorno, Nerone fece decorare l’anfiteatro addirittura con ambra in quantità, appositamente procurata. Straordinari furono i giochi offerti da Tito per l’inaugurazione dell’anfiteatro Flavio, nell’80, che si protrassero per ben 100 giorni ed inclusero vari spettacoli: combattimenti gladiatorii, venationes, esecuzioni capitali per le quali si allestirono scenari mitologici, e due naumachie. Si uccisero in un sol giorno 5.000 bestie; in tutto gli animali uccisi furono, a quanto pare, 9.000 fra erbivori e carnivori. Si assistette a numeri con tori, cavalli o altri animali addestrati e persino a combattimenti di donne, evidentemente di basso rango, contro fiere. Nonostante le possibili esagerazioni delle fonti, i numeri dovevano essere molto alti. Si può immaginare l’effetto spettacolare della contemporanea ascesa sull’arena di così grandi quantità di animali, grazie ad un sistema di ascensori e piani inclinati manovrati dai sotterranei. Anche per le semplici cacce si usava allestire ricche ambientazioni, riproducendo elementi paesaggistici. Durante una prima venatio offerta da Domiziano si vide un rinoceronte combattere contro un toro; in un altro spettacolo, si assistette a numeri con leoni addestrati, che presero alcune lepri nelle fauci e le restituirono integre, con gran meraviglia del pubblico: i numerosi epigrammi che Marziale dedicò all’evento ne sono testimonianza; forse leoni combatterono contro tori. Di Domiziano si ricorda anche la passione per gli spettacoli notturni.  Cacce spettacolari, con grande impiego di fiere, furono offerti in particolare in occasione di trionfi e di celebrazioni anniversarie. Le biografie degli imperatori non mancano di registrare la loro munificenza. Si pensi, ad esempio, alle celebrazioni di Traiano di ritorno dalla campagna dacica nel 107, con spettacoli che si protrassero per ben 123 giorni, impiegando 10.000 gladiatori e 11.000 animali. O a quelle di Antonino Pio probabilmente per i suoi decennalia nel 148, con l’impiego di elefanti, iene, tigri, rinoceronti, coccodrilli et omnia ex toto orbe terrarum.

https://journals.openedition.org/italies/1374

 

 

 

Nella immagine sopra troviamo un presepe del 1948 che rappresenta uno spaccato di vita nell’Italia del dopo-guerra. Al centro una parte della popolazione che prega rivolta alla capanna con la Sacra Famiglia e dall’altra parte l’Osteria con i suoi fedeli-bevitori ai quali non interessa molto la rievocazione. Questo presepe con tutte le statuine scolpite in legno dal Parroco Don Dante Baldazzi fu allestito ad Armarolo nel Natale del 1948. (Il presepe è esposto e visitabile presso il Museo della Religiosità Popolare della Pieve di S. Giovanni in Triario a Minerbio -BO- )