IMG_7445bisUna delle cose meno simpatiche del progresso è che “macina” e riduce in nulla cose, fatti e parole.  Fortunatamente c’è ancora qualcuno che ha buona memoria e grande dimestichezza con le parole che si appresta a raccontarci in maniera esatta, precisa e … poetica, il significato della parola “CARACOLLARE”.

PontormoRitrattobis1

I testi a cura del Prof. SILVANO SALVADORI , Sommo Preside del Liceo Scientifico “IL PONTORMO” di Empoli e Docente di Storia dell’Arte.

CARACOLLARE

“Caracollava per la via!” Ecco una parola che non si usa più: caracollare = rumore del trotto del cavallo a traino di una carrozza; ma con la parola è sparito tutto il resto. E’ sparita la consuetudine di un’amicizia con un animale che ha accompagnato l’uomo nella sua evoluzione verso la civiltà. E’ sparita la meditata lentezza dell’andare, guardando il paesaggio che s’attraversa; percepire le strade diverse che a volte son fatte della semplice erba dei viottoli, a volte di acciottolato; strade che portano l’impronta di chi c’è passato: un segno di ruota, l’orma di un animale o a volte solo il soffio del vento che vi ha accumulato foglie o lo scrosciar della pioggia che v’è rimasta prigioniera in qualche pozzanghera. Ma come quella misera pozzanghera aveva l’ardire di riflettere il cielo, così quel tempo lento, senza fretta, aveva l’ardire di giocare con l’eternità.

Non c’è più meraviglia nell’andare, oggi! Eppure un tempo si scambiava parole con chi si trovava ai lati della via: un saluto, una battuta di spirito, la quasi certezza che sulla via del ritorno si sarebbe continuata la conversazione interrotta.

E il cavallo prendeva memoria dei luoghi, sceglieva da se la strada consueta, ricordava gli odori, i posti dell’ombra, i ciuffi d’erba più saporiti nelle soste; ricordava dove c’era da mettere più impeto nel trotto e sentiva la gioia nella svolta in direzione della stalla al ritorno.

UN BIROCCIO DA GHIAIA anno 1950

UN BIROCCIO DA GHIAIA anno 1950

 

Biografia personale e cari ricordi.
Mio padre Sabatino aveva cavalli da trotto che ho conosciuto solo in fotografia; sono stato un figlio nato quando lui aveva 78 anni (!!!) e l’anno dopo l’ho perso. Così per me i cavalli sono stati un mito. Quando sono potuto tornare di casa in campagna era naturale comprare un cavallo: haflinger naturalmente, per la sua docilità e la bella criniera bianca. Consideravo il montare western il solo modo di sentirmi un tutt’uno con lui. Una delle cose più indimenticabili della mia vita fu il primo galoppo nel bosco di Montaione: dopo i primi sobbalzi scoordinati, entrare in sintonia con quel corpo teso a sfidare il vento, fluttuando sulla stessa vita nevrite di quello che all’improvviso era divenuto un angelo alato che aveva come unico scopo una meta lontana, ma certa.
Dopo vari anni però in un incidente di moto mi ruppi un braccio e iniziai a pensare agli attacchi; feci un corso a S. Rossore di Pisa e poco dopo ero pronto con il mio barroccino a percorre le strade di campagna.
Ho acquistato quindi una vagonette  a sei posti e la prospettiva “dall’alto” si è rivelata subito entusiasmante. La fluida obbedienza alla minima tensione delle redini, il deciso impulso della mia Athena nel trotto, il cadenzato ritmo degli zoccoli che richiama l’abbaiare dei cani allorché si attraversano i tratti urbani, nonché l’affacciarsi alle terrazze e ai cancelli di nonni e nipotini, davano una nuova dimensione pubblica all’uso del cavallo.
E’ di grande soddisfazione andare in carrozza finalmente in compagnia anche di chi a cavallo non sa andare; così bimbi, anziani, signore, scoprono la bellezza di un viaggiare secondo la cadenza dei tempi passati. Al parco si montano i bimbi, si va alle fiere, a qualche matrimonio o compleanno avendo il tempo di riflettere sul paesaggio, di intessere conversazioni, di godere della gioia che si porta agli altri. Quando passi, tutti salutano e fanno un sorriso; gli anziani inaspettatamente ricordano un tempo che è stato loro e che è come tornasse ad abitarli.
“” Quando tenete le redini in tensione calibrate l’istinto e la ragione, la platonica pariglia dell’anima vostra che vi contraddistingue quali “uomini” veri, persone che hanno impulso verso la vita e che sanno piegarlo ai più nobili scopi “”             Silvano Salvadori

 

PontormoRitrattobis1

 

 

 

 

 

 

 

 

epigrafebis