La ” Caveja ” al Museo Etnico ” Sgurì “
L’ARRIVO DELLA PRIMAVERA IN ROMAGNA
Il rito dei “ Lòm a Mèrz “ al Museo Etnico “Sgurì” di Romano Segurini.
Ce l’abbiamo fatta ! Con dei passa-parola, qualche sito internet che ha dato la notizia ed un po’ di fortuna, siamo riusciti ad aggirare la “disinformazione” dei principali mezzi di comunicazione e ci siamo recati a Savarna (RA), piccolo paese nel cuore della Romagna a vedere qualcosa di culturalmente particolare.
Signore e Signori, oggi 3 marzo 2013 presso la casa-Museo Sgurì il proprietario Sig. Romano Segurini e la sua Signora Maria Rosa hanno il piacere di presentare al gentilissimo pubblico intervenuto ; 200 anni di Storia di Romagna in sole 24 ore.
L’EVENTO CULTURALE
La Caveja, che cosa sia ed a cosa serva ce lo spiega la Sig.ra Vanna Budini che oggi in un salone del Museo gremito all’inverosimile ha presentato il suo libro-catalogo titolato appunto Caveja Cantarena “” Nata come strumento di lavoro contadino, destinato a fissare il timone del carro al giogo imposto sul collo dei bovini che dovevano trainare mezzi agricoli, è divenuta nel tempo, in particolare fra la fine dell’800 ed i primi decenni del 900, il simbolo della Romagna “” Tra un intervento e l’altro di noti pittori ed artisti Romagnoli, abbiamo potuto ammirare i suggestivi filmati del Sig. Ugo Antonelli che testimoniano in maniera toccante la tradizione del lavoro contadino con i buoi. Al termine della conferenza, tutti nel salone adiacente a toccare con mano ed ammirare l’esposizione di Caveje con oltre 147 pezzi tra cui spiccava il più antico datato 1698 con inciso lo stemma del Comune di Cervia. A visita terminata però le sorprese non erano finite, nel bel mezzo del cortile ecco incedere lentamente due “Vacche Romagnole” attaccate ad un antico carro Romagnolo interamente dipinto a mano. Il conduttore dell’incredibile attacco risponde al nome di Carlo Ravaioli, Romagnolo purosangue e allevatore della originale Vacca Romagnola che prima della partenza ha dato una dimostrazione pratica a tutti gli “automobilisti” curiosi di come si attaccano a un carro due bestie del genere.
AMARCORD SULLE DUE RUOTE
Più di 30 calessi esposti in bell’ordine sul verde prato antistante il Museo, per ogni “legno” una storia, una storia scritta col sudore da uomini che dall’alba al tramonto in compagnia del proprio cavallo o asino dividevano gioie e dispiaceri. Questi calessi presentano caratteristiche costruttive adattate alle merci che si dovevano trasportare e spaziano dalla “vitellaia” con cassa basculante su cinghioni con rete metallica sottostante, la “spallona” con l’ampio sedile per il guidatore foderato di una semplice rete per non disperdere i 100 pacchi e pacchettini che si accumulavano qua e là, una “pullarola” con pianale basso per le gabbie dei polli e altre con comode “cappottine” in tela grezza che offrivano un provvidenziale riparo alla pioggia. Non poteva mancare un elegante “military” firmato Bassi ed il classico “biroccino” a stanga-lunga che attaccato ad un veloce “trottatore” era il protagonista delle sfide domenicali dei nostri nonni.
Sempre per restare in tema, una nota sul carro o plaustro che oggi ha sfilato nel parco; costruito nel paese di Granarolo Faentino, famoso nel secolo scorso per le oltre dodici famiglie di “caradori” che vi lavoravano, fu dipinto dalla più famosa decoratrice di carri del tempo, Maddalena Venturi come riporta la firma autografa sul retro del carro. Il Sig. Romano Segurini ci precisa che la differenza sostanziale tra il carro Romagnolo e quello Bolognese era rappresentato dalla tipologia delle decorazioni, più sgargianti e dipinte quelle in Romagna, più ricche di intarsi e ferramenta nel Bolognese. Filo conduttore di tutti i tipi di carri e Caveje sono le immagini sacre alla devozione di S. Antonio Abate che da tempi immemorabili ricorre nelle tradizioni contadine.
IL PARCO TRASFORMATO IN ARENA CULTURALE
La razza Bovina Romagnola e quello che ha rappresentato per più di 200 anni, rivive ai giorni nostri per merito del Sig. Fiorenzo Montalti che con la sua Mostra Didattica Intinerante, ripercorre le tradizioni di Romagna attraverso i suoi scatti artistici, i testi esplicativi e tante rarissime cartoline d’epoca pazientemente riprodotte su oltre 100 grandi pannelli espositivi. Sempre in tema di Arte con la A maiuscola, affollatissimo lo stand dell’Artista Riccardo Righini con le sue opere pittoriche a tema, sulla Caveja. Un salto all’interno della “Capàna” per ammirare i dipinti del Sig. Bruno Zavatta sul tema “ti racconto la Romagna”, poi nuovamente nel parco ad ammirare la collezione di attrezzi agricoli in miniatura del Sig. Mario Capucci nel finale, tanto per lasciarci “indurre in tentazione” terminiamo il tour davanti all’antico forno in pietra per un doveroso assaggio di specialità Romagnole “attuali”. A pancia piena e comodamente seduti, il gruppo Folk Jean Fabry inizia l’intrattenimento musicale che prelude all’entrata in scena del Gruppo S-ciucaren Milleluci che con le loro fruste hanno degnamente concluso il pomeriggio al Museo “Sgurì”.
NOTE CURIOSE
Abbiamo parlato dell’esposizione di 147 modelli di Caveje nei saloni del Museo Sgurì ed è doveroso precisare che oltre la corposa collezione del Museo hanno esposto oggi molti collezionisti privati con i loro pezzi più rappresentativi. A questo riguardo sentiamo un dettaglio tecnico di un collezionista, il Sig. Silvano Paganelli che ci svela due piccole curiosità “” una volta, come oggi, chi aveva più possibilità economiche ci teneva a possedere una Caveja diversa e particolare anche per dimostrare il suo status, la dimostrazione è questo modello rarissimo di mia proprietà datato 1760 con le iniziali del fabbro che l’ha forgiato ed in un secondo tempo del Maestro Orafo che lo ha inciso. Si notino la raffinatezza delle incisioni a distanza di oltre 270 anni. Il secondo dettaglio tecnico è rappresentato da un oggetto immancabile su tutti i carri, il “saltarello” la cui funzione era quella indispensabile di fermare il carico trasportato sul carro.””
“ E CAPA’N e la LA CAPA’NA “
Queste due vere e proprie abitazioni costruite con canne palustri, legno e filo di ferro sono state sin dall’antichità le abitazioni usuali delle popolazioni di queste valli. La loro ricostruzione fedele, ci spiega Romano Segurini, è stata opera di uno degli ultimi “capannari” di Romagna, il Maestro d’Ascia Alvaro Agostini che purtroppo alcuni mesi fa ci ha “lasciato per sempre”. Il Sig. Segurini che personalmente gli diede valido aiuto nella costruzione di questi “capolavori di ingegneria architettonica rurale” ci racconta che al Maestro Alvaro Agostini mancava un occhio e che nella costruzione dei suoi manufatti mai aveva usato un metro o una livella!
LA RACCOLTA DI VASI DA NOTTE
Entriamo in uno dei tanti locali del Museo Etnico Sgurì, il bagno, e subito ci salta all’occhio la mancanza di un oggetto per noi di uso comune, il “water”, la spiegazione la possiamo trovare attaccata alle travi e alle pareti. Appesi alle travi decine di “vasi da notte” di tutte le forme in vari modelli più o meno lussuosi, alle pareti vecchie fotografie che ritraggono i locali adibiti un tempo ai “servizi igienici” che nelle campagne erano situati fuori dall’abitazione principale. Al contrario di quanto avviene oggi in tantissimi bagni pubblici dove la parola d’ordine è “me ne frego di tutti “, anticamente le cose andavano diversamente. Nelle abitazioni di campagna servivano molte braccia per i faticosi lavori agricoli ed i nuclei famigliari avevano al loro interno quindici o più persone che bene o male dovevano servirsi di quell’unico bagno. Come coniugare riservatezza, rispetto per gli altri e tutelare l’intimità del momento? La soluzione era un mantello che in Romagna si chiamava “caparèla” e nel Bolognese “gabèna” che era sempre appeso alla porta d’ingresso internamente, quando uno dei residenti aveva un “bisogno” indossava il mantello e usciva, al suo ritorno riponeva il mantello al suo posto. Da qui si deduce che quando il mantello era appeso il bagno era “libero”, se mancava haimè, il bagno era “occupato”.
UNA BELLA GITA IN ROMAGNA
Forse mi sono dilungato troppo, in compenso vi ho raccontato il 5% di quello che c’è da vedere al Museo Etnico di Romano Segurini, il resto, con l’arrivo della bella stagione Vi invito a vederlo personalmente anche perché è una ottima alternativa al “solito-giro” dentro un Centro Commerciale.
Per saperne di più e stare aggiornati: www.museoetnosguri.it Contattando il Direttore del Museo Sig. Romano Segurini sarà anche possibile acquistare il rarissimo libro di Vanda Budini sulle antiche Caveje.