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Dalla mia carrozza

Poche cose son belle nella vita

come sentir guizzare tra le dita

la tenacia di redini impastate

che guidan del cavallo le falcate

La criniera sobbalza vaporosa

la schiena è curva e poderosa

E l’animale splendido divora

i lunghi viali in neanche un quarto d’ora

Il suono dei suoi zoccoli è deciso

più assiduo di un cronometro preciso

Io chiudo gli occhi e allungo le braccia

dimentico di avere corpo e faccia

La mente è sciolta al galoppo

pensare – a volte – è di troppo

Si confonde tra i crini serici

di circuiti devianti, periferici

Non sono più io e nemmeno so

se bisogna essere e però

osservo dalla mia carrozza il mondo

e per un attimo lo conosco a fondo

Con occhi grandi, occhi da equino

che vedono ovunque un principio divino

e un muso vellutato e spugnoso

dove l’universo è esploso

Il verde è più verde, il giallo più giallo

La vita non è più un breve intervallo

La vita è presente nell’attimo stesso

non puoi rimandarla: non è lo stesso

La corsa assorbe ogni altra energia

divorando chilometri via via

Il vento mi sussurra tra i capelli

e gli alberi più spogli sembran belli

È questa – credo – la felicità

chi va in carrozza di certo lo sa

che gambe e ruote portano più in alto

di qualsiasi altro salto

Perché il movimento non è verticale

ma attraversa di sbieco il reale

per portare il cavallo e l’umano

in un terreno comune e arcano

Il Regno del cielo e della terra infinita

da percorrere tutto in una vita

in armonia, a cassetta

senza nessuna ansia, nessuna fretta

Guia Risari

Torino, 19 ottobre 2012